Parola, liturgia e carità: le tre regole del diacono al servizio della Chiesa
"Il diacono - racconta don Gianni Cilli, diacono permanente da tre anni - è un uomo che vive nella Chiesa ed è al suo servizio, prima nella sua famiglia e poi nell’ambito della comunità ecclesiale"
«Il diacono è un uomo che vive nella Chiesa ed è al suo servizio, prima nella sua famiglia e poi nell’ambito della comunità ecclesiale». Parola di don Gianni Cilli, sposato da 25 anni e diacono permanente dell’arcidiocesi di Pescara-Penne da oltre tre anni.
Lui e molti altri dei 21 diaconi attualmente attivi, alla presenza delle rispettive consorti, ieri sera si sono ritrovati nella Cattedrale di San Cetteo per servire la Santa messa presieduta dall’abate nella ricorrenza dei Santi Angeli Custodi: «Hanno scelto questo giorno – premette don Francesco Santuccione – per elevare un ringraziamento speciale al Signore per il grande dono del diaconato, del servizio, perché possano avere un supplemento di grazia per servire il Signore concretamente in questa Chiesa locale».
E tra i compiti principali del diacono, figura quello della catechesi che don Gianni ieri ha messo a frutto, pronunciando l’omelia dedicata proprio alla figura degli angeli e degli angeli custodi: «Gli angeli – spiega il diacono permanente Gianni Cilli – sono stati creati da Dio, essendo di natura spirituale per essendo dotati di intelligenza e volontà, per cooperare con Lui nella salvezza di altre creature. Dio si serve di queste creature, per avvicinare pian piano il popolo verso di sé. Funzionano da intermediari».
E così come la vita di Gesù, dall’Annunciazione all’Ascensione, è costellata dalla presenza degli angeli anche la nostra è caratterizzata dalla presenza dell’angelo custode: «Dobbiamo sempre pregare – invita il diacono permanente pescarese – i nostri angeli custodi. Preghiamo ognuno di noi il nostro angelo custode, affinché ci conduca verso quella “Terra promessa”, che è il giorno senza fine e la vicinanza con Dio per sempre».
Così come per il sacerdote anche per il diacono, il primo grado dell’ordine sacro, si può parlare di vocazione: «È Dio che ci chiama – conferma don Gianni – e siamo noi che liberamente rispondiamo. Poi c’è il discernimento da parte del vescovo».
Un discernimento che, se positivo, porta l’aspirante diacono a superare un impegnativo iter formativo che, ad esempio, per don Gianni si è concretizzata nella frequenza di un ciclo di formazione teologica quinquennale presso l’Istituto di Scienze religiose “Giuseppe Toniolo” di Pescara, oltre che di incontri quindicinali sul senso del servizio, del sacrificio e sul valore dell’atto celebrativo.
Quindi, si giunge all’ordinazione diaconale con l’affidamento del ministero della parola, della carità e della liturgia: «Oltre al ministero della Parola – puntualizza il diacono Cilli -, siamo chiamati a svolgere un’azione della carità, con il soccorso ai deboli e ai poveri, e attraverso la liturgia possiamo amministrare il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere il matrimonio e celebrare i funerali».
È dunque una chiamata al servizio umile quella del diacono che, spesso, viene chiamato a mettere in pratica la sua ministerialità come nel caso di don Maurizio Sonaglia, diacono permanente sposato con 3 figli, appena nominato direttore dell’ufficio Migrantes in questo contesto storico-sociale, caratterizzato da una forte accoglienza dei profughi: «Lo spirito di carità – assicura don Maurizio – è quello che anima la nostra vocazione che, nel mio caso, è quella di aiutare questi fratelli nell’attuale situazione di bisogno a beneficio della loro vita, della loro incolumità e sussistenza».
Insomma, nel diaconato fede e carità formano un binomio inscindibile e imprescindibile: «La fede senza le opere – sottolinea il diacono Sonaglia – e le opere senza la fede non vanno avanti. Bisogna mettere in pratica le opere, è questo quello che chiede il Nostro Signore Gesù Cristo non solo ai noi diaconi, ordinati, ma anche a tutti i battezzati che invito a darsi da fare per realizzare la vocazione alla quale sono stati chiamati».
E il ministero del diaconato accompagna per la vita come nel caso di Laurino Circeo, diacono da 38 anni e fondatore della Sottosezione Unitalsi di Pescara.
La presenza del diacono, ovviamente, diventa fondamentale per il sacerdote: «Per il presbitero – conclude don Francesco Santuccione – il diacono è un “braccio destro”. Quello del diaconato, comunque, è un campo molto vasto che noi sacerdoti dobbiamo riscoprire. Si tratta di un dono grande, giunto dalla Chiesa primitiva degli apostoli che non arrivavano più a servire la comunità e allora elessero sette uomini, a partire dal Santo Stefano protodiacono, dando vita alla figura del diacono permanente. Una ricchezza, per noi sacerdoti e per i diaconi stessi, che la Chiesa deve riscoprire».