“La Chiesa ha aperto gli occhi e ha dilatato gli spazi del cuore”
"La mia mente - confida Capovilla - è piena di pensieri di pace, di serenità e di speranza nei fratelli e sorelle di tutto il mondo. Qualunque sia il giudizio degli uomini, la società civile ha camminato e la Chiesa anche"
«Non posso dimenticare che Gesù ha detto: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Dunque è venuto per me e per ciascuno dei miei fratelli che abbraccio da un capo all’altro della terra».
Il cardinale Loris Francesco Capovilla oggi taglia il traguardo dei 100 anni. Già segretario particolare di Giovanni XXIII, nonché arcivescovo di Chieti-Vasto dal 1967 al 1971, è il più anziano tra i vescovi italiani e tra i membri del Collegio cardinalizio, molti dei quali sono riuniti in questi giorni a Roma per il Sinodo dei vescovi dedicato a “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”.
Dalla sua residenza a Sotto il Monte Giovanni XXIII, in provincia di Bergamo, il cardinale Capovilla partecipa con la preghiera ai lavori dei padri sinodali: «Non mi sento lontano da Roma – racconta l’anziano porporato – e dal corpo di tutta la Chiesa e di tutta l’umanità. Credo che esista un solo Dio, una sola legge che è l’amore e un solo scopo che è spendere la vita per aiutare i miei fratelli e le mie sorelle».
Dunque, a detta del cardinale, quello attuale è un momento bello per la storia della Chiesa e dell’umanità: «La mia mente – confida Capovilla – è piena di pensieri di pace, di serenità e di speranza nei fratelli e sorelle di tutto il mondo. Qualunque sia il giudizio degli uomini, la società civile ha camminato e la Chiesa anche. La Chiesa che mi ha battezzato cento anni or sono è la stessa di oggi ma con una grande differenza: ha aperto gli occhi e ha dilatato gli spazi del cuore. Abbiamo prodigi di carità, di amore, di tolleranza e di fraternità universale».
Rispetto alle questioni delicate in tema di pastorale che si stanno affrontando nel Sinodo, il cardinale Capovilla osserva: «Ho obbedito tutta la vita – precisa -, anche nelle piccole questioni, alla tradizione cristiana. Ho ricevuto dalle mani di chi mi ha preceduto la sua esperienza, i suoi ricordi e i suoi esempi. Qualunque cosa faccio io, piccolo uomo, non è senza difetto perché io non sono una divinità ma una povera creatura. Restiamo uomini, anche chi ha compiuto grandi imprese o versato il sangue per la Chiesa. Nella vita di ciascuno di noi ci sono ombre: in tutti noi, senza eccezione».