“Emarginare dalla sfera pubblica il cristianesimo non è intelligente”
"La luce del Vangelo - sottolinea Bagnasco -, non le inaffidabili e interessate maggioranze, ha creato la civiltà europea e il suo umanesimo, ha generato il tessuto connettivo e le condizioni per camminare insieme. Più si studiano seriamente le origini dell’umanesimo, e più si riconosce l’esistenza di qualcosa che non è genericamente spirituale, ma è nettamente cristiano"

«Emarginare dalla sfera pubblica il cristianesimo non è intelligente; è non comprendere che la società non può che averne del bene».
Lo ha affermato nel pomeriggio il cardinale Angelo Bagnasco, aprendo il Consiglio permanente della Cei e dedicando la parte centrale della sua prolusione all’Europa: «La volontà di omologare le visioni profonde della vita e dei comportamenti – spiega – non è il cammino rispettoso di un’Unione europea armonica e solidale, ma piuttosto un’arrogante rifondazione continentale che i popoli male sopportano, dove il cristianesimo è considerato “divisivo” perché non canta nel coro prestabilito. La luce del Vangelo, non le inaffidabili e interessate maggioranze, ha creato la civiltà europea e il suo umanesimo, ha generato il tessuto connettivo e le condizioni per camminare insieme. Più si studiano seriamente le origini dell’umanesimo, e più si riconosce l’esistenza di qualcosa che non è genericamente spirituale, ma è nettamente cristiano».
Secondo il presidente della Cei, è significativo che nel mondo anglosassone sia in corso un processo di rivisitazione dell’illuminismo, prendendo atto delle sue derive antropologiche: «Si parla di un “nuovo illuminismo” – sottolinea Bagnasco -, che speriamo abbia consonanze con il “nuovo umanesimo” di cui abbiamo parlato a Firenze».
E rivendicando le sue radici cristiane, il presidente dei vescovi ha poi ribadito che oggi c’è più bisogna di Europa: «È possibile pensare che nel vortice del mondo globalizzato – s’interroga il porporato -, dove sono saltati molti schemi e parametri, sia possibile vivere allontanandosi gli uni dagli altri? Ciò non ha nulla da vedere con qualche forma di internazionalismo che crea confusione di popoli: essere popolo, infatti, significa avere una propria missione presso la comunità più alta, in quanto si ha un patrimonio di storia e di cultura da offrire».
Solo così l’Europa, a detta di Bagnasco, sarà il luogo del superamento di ogni forma di sciovinismo, che mira a primeggiare e a imporsi ai singoli membri: «I nazionalismi – osserva il presidente della Conferenza episcopale italiana – non si vincono né con l’omologazione forzosa, che è una sottile espressione di violenza, né con l’irenismo miope che è una forma sofisticata di deriva etica e di annullamento identitario. Nessuno pensi che si voglia riproporre una visione eurocentrica del mondo; se guardiamo la geografia del pianeta, ogni continente ha qualcosa da portare a tutti, qualcosa di peculiare, che oggi sta emergendo in modo più chiaro e progressivo».
Un esempio?: «L’esodo di tanti disperati che bussano alle porte del continente – ricorda il cardinale -, nei confronti dei quali bisogna adottare lo stile dell’accoglienza e dell’integrazione, che richiede generosità e intelligenza politica e sociale; è uno stile che coinvolge tutti, chi accoglie e chi è accolto. L’Italia è in prima linea e, nonostante difficoltà oggettive, continua a fare tutto il possibile su questo fronte che la vede ancora troppo sola. Le comunità cristiane cercano di allargare gli spazi dell’accoglienza e soprattutto del cuore, affinché si vada oltre l’emergenza verso percorsi di integrazione per quanti – mostrando consapevolezza e impegno – desiderano rimanere».
Sempre parlando in tema d’Europa, il cardinale Bagnasco è poi tornato a dire seccamente “no” alle colonizzazioni del pensiero unico: «L’isolamento delle persone – riflette Bagnasco -, la paura degli altri, il conflitto tra Stati, la destabilizzazione della famiglia, di gruppi e nazioni, favoriscono approfittatori cinici, e spesso oscuri, attenti a lucrare denaro e potere. È questo modo di pensare che il vecchio mondo dovrebbe temere, anziché corteggiarlo e inseguirlo compiaciuto».
Una colonizzazione del pensiero unico, che consiste nel propagandare in modo ossessivo certi stili di vita, inculcare il principio del piacere a qualunque costo, esaltare la dea fortuna e il gioco anziché il gusto del dovere, del lavoro, dell’onestà; insinuare il fastidio dei legami, se questi non appagano sempre e comunque, far sognare una perenne giovinezza, spingere alla ricerca di evasioni continue dalla vita reale, non sostenere la fedeltà agli impegni di coppia, di famiglia, di lavoro: «In una parola – sintetizza il presidente dei vescovi – all’individualismo esasperato, propagato come libertà, in cui l’io resta separato, privo di contatti, solo con se stesso e nelle relazioni interpersonali scompare il prossimo, resta l’altro, l’estraneo, o addirittura il nemico».
Di qui, secondo il porporato, la necessità di superare il laicismo, che è la deformazione miope dell’autentica laicità, e di riconoscere le identità religiose con i loro riti e costumi: «Anche il nostro popolo – ammonisce il cardinale -, al di là di sondaggi e previsioni, riconosce, pur in mezzo a credi diversi, quali sono i tratturi veraci del Paese. E non gradisce – in nome di una laicità malintesa e succube al giudizio di qualcuno – che si oscurino gesti e segni, tradizioni e luoghi».
Non è mancato, infine, un cenno al quadro economico italiano: «Siamo fortemente preoccupati – lamenta Bagnasco – che il patrimonio di capacità e di ingegno del nostro popolo sia costretto a emigrare, impoverendo così il Paese. La globalizzazione deve essere un’opportunità per tutti, non solo per pochi».
Una riflessione, quest’ultima, che parte dall’analisi degli ultimi dati Istat sulla disoccupazione: «Le nostre parrocchie – riconosce il porporato – sono testimoni di come la povera gente continui a tribolare per mantenere sé e la propria famiglia. Seguiamo con viva partecipazione i tentativi di varie categorie di lavoratori del mondo dell’industria, della ricerca, delle aree portuali, e altro. La Chiesa è vicina ai lavoratori e alle loro famiglie, e lo sarà sempre in nome della dignità di ogni persona, consapevole che lavoro e famiglia sono legati e costituiscono il tessuto connettivo della società e dello Stato».
A questo punto, il presidente della Cei ha rivendicato come in queste situazioni, così come pure in quella dei migranti, la Chiesa non si limita a dar voce alla gente più esposta, a richiamare l’attenzione collettiva, a incoraggiare perché non vinca la sfiducia: «La Chiesa – ribadisce – opera. I nostri sacerdoti sono in prima linea, a totale disposizione del popolo, grazie anche alla generosità consapevole della gente, di cui l’otto per mille è una forma provvidenziale».
Poi l’appello alla politica, per creare e incentivare lavoro e occupazione, e l’affondo alla “teoria della flessibilità”: «Che può avere le sue ragioni – conclude il cardinale Angelo Bagnasco -, ma getta la persona in un clima fluido e inaffidabile. Coloro che teorizzano, non sono forse i primi a essere ben sicuri sul piano del proprio lavoro e, forse, del proprio patrimonio?».