Caritas: “Per la prima volta la povertà assoluta colpisce di più i giovani”
"Mentre in passato - ricorda Linda Laura Sabbadini, già direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell’Istat - i più esposti al rischio povertà erano gli anziani, oggi sono 1 milione di minorenni e i giovani senza lavoro. Questo significa che avremo delle conseguenze a lungo termine e la crisi sociale sarà molto più lunga della crisi economica. Potremo anche avere un Pil in crescita, ma ci vorrà molto tempo per riassorbire i gravi effetti di questa situazione, perché le famiglie hanno dato fondo ai loro risparmi e si sono indebitate
Per la prima volta in Italia la povertà assoluta, che ha raggiunto i picchi più alti degli ultimi dieci anni, colpisce maggiormente giovani in cerca di lavoro e adulti rimasti senza impiego. E diminuisce con l’avanzare dell’età. Tra i 4,6 milioni di poveri assoluti il 10,2% sono nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni. Si inverte perciò, a causa della crisi economica ed occupazionale, il vecchio modello di povertà italiano che vedeva gli anziani tra i più in difficoltà. Spicca inoltre la povertà dei rifugiati e dei richiedenti asilo, che rappresentano la percentuale più alta (57,2%) di chi si rivolge ai centri di ascolto Caritas, perché senza casa, lavoro e integrazione sociale.
Sono alcuni dei dati più allarmanti che emergono dal Rapporto 2016 di Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale dal titolo “Vasi comunicanti”, reso noto oggi con i dati raccolti presso 1.649 Centri d’ascolto in 173 diocesi, che hanno incontrato 190.465 persone.
In Italia, secondo l’Istat, sono dunque 4,6 milioni le persone in povertà assoluta, pari a 1 milione e 582 mila famiglie. Le situazioni più difficili sono nel Mezzogiorno: le famiglie con due o più figli minori, le famiglie di stranieri, i nuclei familiari con il capofamiglia disoccupato, operaio o giovane. È quest’ultimo particolare che rivela l’inversione di tendenza, in un Paese dove i nonni e i genitori mantengono i figli e i giovani sono diventati i “nuovi poveri”. La percentuale più alta (10,2%) è rappresentata infatti dalla fascia d’età tra i 18 e i 34 anni. A seguire l’8,1% sono tra i 35 e i 44 anni, il 7,5% tra i 45 e i 54, il 5,1% tra i 55 e i 64 e il 4% oltre i 65 anni.
Tra gli utenti dei Centri di ascolto Caritas, i rifugiati e richiedenti asilo rappresentano la percentuale più alta (57,2%), perché senza casa, lavoro e integrazione sociale. A livello nazionale il 57,2% sono stranieri, anche se al Sud la proporzione è invertita: qui gli italiani sono il 66,6%. Nel 2015 i profughi e richiedenti asilo in fuga da guerre che si sono rivolti ai Centri di ascolto sono stati 7.770, il 92,4% uomini proveniente da Paesi africani o dell’Asia centro-meridionale. Risulta molto basso il livello culturale: il 26% sono analfabeti, il 16,5% ha la licenza elementare e il 22,8% la licenza media. Lamentano in maggioranza situazioni di povertà estrema e mancanza di casa (55,8%). Chiedono perciò pasti alle mense, vestiario, prodotti per l’igiene e servizi di pronta e prima accoglienza.
Nel 2015 c’è un altro cambio di tendenza: per la prima volta c’è parità tra uomini e donne che chiedono aiuto ai centri, mentre prima prevalevano le donne. L’età media è di 44 anni. I disoccupati e inoccupati rappresentano il 60,8% del totale. I bisogni sono di tipo materiale: spiccano i casi di povertà economica (76,9%) e di disagio occupazionale (57,7%). Da non trascurare i problemi abitativi (25%) e familiari (13%).
Ma i giovani, come anticipato, sono oggi i più colpiti dalla povertà assoluta: «Un dato – commenta Linda Laura Sabbadini, già direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell’Istat – che condizionerà fortemente il loro futuro: rischiano di continuare a vivere in condizioni di disagio per tutta la vita, perché depauperati non solo economicamente ma anche di opportunità».
La Sabbadini, commentando i dati del Rapporto Caritas 2016 su povertà ed esclusione sociale, ha spiegato la metodologia delle misurazioni della povertà assoluta in Italia, che riguarda 4,6 milioni di persone: «Il dato eclatante del Rapporto – ricorda – è l’inversione del trend. Mentre in passato i più esposti al rischio povertà erano gli anziani, oggi sono 1 milione di minorenni e i giovani senza lavoro. Questo significa che avremo delle conseguenze a lungo termine e la crisi sociale sarà molto più lunga della crisi economica. Potremo anche avere un Pil in crescita, ma ci vorrà molto tempo per riassorbire i gravi effetti di questa situazione, perché le famiglie hanno dato fondo ai loro risparmi e si sono indebitate».
Dal 2007 ad oggi, infatti, sono triplicati i poveri assoluti e sono cambiate molto le caratteristiche: «Ora i minori – precisa l’esperta – hanno 12 punti percentuali in più degli anziani, mentre nel ’97 gli anziani avevano solo 4 punti in più dei minori. Le famiglie operaie hanno mantenuto invece una situazione grave, di progressivo peggioramento».
Sempre a proposito di giovani, dunque, non sorprende come siano aumentati dell’8% gli italiani e gli stranieri che si sono rivolti ai Centri d’ascolto della Caritas e per la prima volta sono comparsi anche i Neet (l’acronimo che indica i giovani che non lavorano né studiano).
È il dato fornito oggi da Walter Nanni, responsabile dell’ufficio studi di Caritas italiana, che ha presentato a Roma il Rapporto 2016 su povertà ed esclusione sociale: «Il fenomeno della povertà sta cambiando aspetto – spiega Nanni -: aumentano gli stranieri, diminuiscono le presenze italiane, gli anziani e i “working poor” (lavoratori poveri) e si sta tornando, per quanto riguarda gli italiani, ad una situazione simile a quella precedente alla crisi economica. L’aumento dei giovani dell’8% è dovuto sì all’aumento degli stranieri, ma anche dei giovani appartenenti a famiglie monogenitoriali. L’Italia è il primo Paese in Europa per incidenza dei Neet e ora cominciano ad essere presenti anche nei centri d’ascolto Caritas».
In Italia, secondo le stime Caritas, 20 mila profughi sono accolti nelle strutture ecclesiali e 3.901 lavoratori migranti sono emersi dallo sfruttamento. Questa la risposta italiana della Chiesa italiana all’appello di Papa Francesco, lo scorso anno, ad ospitare una famiglia di profughi. Anche nell’arcidiocesi di Pescara-Penne, la Cattedrale di San Cetteo si è attivata per ospitare una famiglia. Al 9 marzo 2016 sono state attivate in 164 diocesi circa 20 mila accoglienze: 12 mila in strutture convenzionate con le prefetture-Cas (con fondi del Ministero interno); 4 mila in strutture Sprar (con fondi del Ministero interno); 3 mila in parrocchie (con fondi diocesani) e 400 in famiglia o altre modalità di accoglienza (con fondi privati o diocesani).
Al tempo stesso Caritas italiana ha attivato, nelle regioni dove arrivano i lavoratori migranti stagionali, il “Progetto Presidio”: il lavoro dei 18 presidi nei diversi territori ha permesso di far emergere dallo sfruttamento 3.901 lavoratori.
Inoltre, i bisogni dei 7.700 profughi (su 153.000 arrivati in Italia nel 2015) che si sono rivolti ai Centri d’ascolto Caritas per chiedere aiuto, abiti, cibo, alloggio sono stati definiti molto gravi. Il Rapporto conclude con una nota ottimistica per l’introduzione in Italia del Sia, il Sostegno all’inclusione attiva: «Ma si spera, in futuro, – auspica Nanni – nel reddito minimo universale per tutte le persone in povertà assoluta».