Neet: “Fenomeno inasprito dalla crisi, specie tra le donne con impegni familiari”
"Per ridurre il numero di neet - spiega Alessandro Rosina, coordinatore del Rapporto Giovani -, bisogna agire sia su chi si trova già da tempo in tale condizione e fatica ad uscirne, sia chi sta finendo gli studi e si appresta ad entrare nel mercato del lavoro. Va inoltre stimolata e rafforzata la capacità d’intraprendenza e d’imprenditorialità dei giovani"
«Meno del 20% dei neet – i giovani che non studiano, non lavorano e non cercano occupazione – non sta cercando lavoro (14,5% tra i maschi e 23,3% tra le femmine), mentre oltre l’80% è interessato a una occupazione, anche se la cerca con vario impegno e convinzione». Sono alcuni dei dati contenuti nel focus del Rapporto Giovani sui neet intitolato “Una generazione in panchina – da neet a risorsa per il Paese”, curato da Emiliano Sironi e Sara Alfieri per l’Istituto Toniolo. L’indagine è stata svolta ad ottobre 2016 su un campione rappresentativo di 5.200 giovani tra i 18 e i 34 anni.
Dall’e-book, pubblicato martedì sul sito www.rapportogiovani.it, emerge anche che una buona quota di chi sta attualmente studiando è pronta a valutare un’offerta di lavoro (attorno al 30%): «Tra i neet che non cercano lavoro – si legge in una nota – oltre la metà degli uomini (53,7%) e quasi un terzo delle donne (31,9%) dichiara che se venisse offerto loro un impiego lo accetterebbe subito, mentre solo una parte molto marginale non cerca lavoro e non è interessata (il 13,9% degli uomini e l’8,15% delle donne). Da segnalare che la maggioranza delle donne che non cercano lavoro, non risulta né disinteressata né pronta ad accettarlo immediatamente nel caso le venisse offerto (60%)».
Pesa infatti all’interno delle neet, che non cercano lavoro, la componente di donne che ha impegni familiari e che rimangono fuori dal mercato del lavoro per difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia: «A mantenere elevato il numero di neet in Italia – spiega Alessandro Rosina, demografo dell’Università Cattolica e coordinatore dell’indagine Rapporto Giovani – contribuiscono, in misura maggiore che negli altri Paesi avanzati, i giovani con carenti competenze e in condizione di disagio sociale, a rischio di marginalizzazione permanente, ma anche neodiplomati e neolaureati con buone potenzialità, ma con tempi lunghi di collocazione nel mercato del lavoro, per le difficoltà di valorizzazione del capitale umano nel sistema produttivo italiano. Per ridurre il numero di neet, bisogna agire sia su chi si trova già da tempo in tale condizione e fatica ad uscirne, sia chi sta finendo gli studi e si appresta ad entrare nel mercato del lavoro. Va inoltre stimolata e rafforzata la capacità d’intraprendenza e d’imprenditorialità dei giovani».