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La soluzione per le fake news? Leggere Ruggero Bacone

Mark Zuckerberg ha annunciato novità per combattere l’«emergenza fake news». Anche in Italia il Viminale ha mobilitato la Polizia Postale contro le bufale del web. A parte il rischio di favorire la censura e l'ingerenza dei media più potenti, a scapito delle testate minori, eliminare notizie aumenterà forse lo spirito critico e la capacità degli uomini di distinguere autonomamente una notizia vera da una notizia falsa? Proviamo a rispondere con la «teoria degli idoli» di Ruggero Bacone.

Le notizie false e quelle che vomitano odio e intolleranza, le scie di balle che attraverso internet e i social network finiscono con il diventare virali e poi globali nell’arco di poche ore sono talmente perniciose che Mark Zuckerberg e i genietti radical chic di Palo Alto si sono messi giù a lavorare, per arginare quella che definiscono «emergenza fake news», annunciando importanti cambiamenti.

Prima novità. La settimana scorsa Zuckerberg ha annunciato che sulla bacheca visualizzeremo meno video, inserzioni pubblicitarie, link ad articoli di testate giornalistiche (come questo che state leggendo) e news, per dare priorità ai post degli amici e parenti con i quali interagiamo di più.

Seconda novità. Sabato 19 gennaio, sempre Zuckerberg – evidentemente in un periodo estroverso – ha annunciato che per assicurarci che le notizie che visualizzeremo, anche se saranno di meno, siano di alta qualità, saranno gli utenti stessi a giudicare. In pratica, il team di facebook chiederà a ognuno dei circa due miliardi di utenti del social di stilare la propria personale classifica dei media che ritengono più autorevoli. Incrociando le risposte degli utenti, il social deciderà quali testate avranno priorità (limitata) sulle nostre bacheche.

Nel mentre Zuckerberg produceva le sue esternazioni, è arrivato un annuncio anti-bufala anche dal fronte italiano. Il Viminale fa sapere che sul sito della Polizia Postale sarà attivato un «bottone rosso»: una “finestra” consentirà ai cittadini di segnalare tutte le notizie ritenute false o quantomeno sospette, che, dopo le dovute verifiche della Polizia Postale, se è necessario, saranno rimosse o segnalate all’autorità giudiziaria.

Insomma, l’algoritmo di Zuckerberg è stato talmente intelligente da pensare che se non è possibile garantire la veridicità delle fonti per le notizie diffuse dai media tanto vale tagliare il problema alla radice: riduciamo (eliminiamo?!) le notizie, tutte, siano esse belle o brutte, buone o cattive, vere o false; lasciamo poi che il popolo di facebook coltivi spirito critico, e capacità di giudicare le notizie, esercitandosi sette/otto ore al giorno con le foto ritoccate e gli “aggiornamenti di stato” di amici e parenti. Utenti più isolati, utenti meglio informati.

Il Viminale segue l’algoritmo intelligente. Ammettendo pure che la Polizia Postale abbia escogitato un modo per ripulire facebook e la Rete dai contenuti tendenzialmente pericolosi, ovvero fake news e hate speach, comunque ha dimenticato che sono le stesse persone che utilizzano i social e la Rete a riempirli di bufale e a credere pure alle fesserie. Sono le persone che vanno aiutate a distinguere autonomamente una notizia vera da una falsa, così come sono sempre le persone che dovrebbero imparare a non diffondere notizie false o, peggio, contenuti insulsi. Bisogna lavorare sugli uomini.

E allora viaggiamo un po’ nel tempo. Ruggero Bacone (1561-1626), nella sua opera più nota dal titolo Novum Organum, propone un metodo – niente algoritmo intelligente o «bottone rosso» – per liberare la mente umana dalle nozioni false o «idoli» («idola») che l’assediano. Il primo passo verso l’eliminazione degli idoli, secondo Bacone, è rendere gli uomini coscienti, consapevoli che la propria mente è ingombrata da innumerevoli nozioni false. E quali sono allora questi «idoli»?

Bacone indica per primi gli «idoli della tribù» («idola tribus») fondati sulla stessa natura umana e, dunque, comuni a tutti. L’uomo, quando trova qualche nozione che lo soddisfa, o perché ritenuta vera, o perché avvincente e piacevole, è portato per natura a identificarsi con essa e a cercare tutti gli argomenti possibili in grado di supportarla. E, anche se le argomentazioni contrarie fossero maggiori, in genere o le disprezza, o le respinge, pur di non ritrattare il proprio convincimento originario. Ciò accade sostanzialmente perché l’uomo crede vero ciò che preferisce, ed è poco predisposto al supplemento di lavoro che comporta verificare la veridicità delle proprie opinioni.

Se gli «idoli della tribù» sono comuni a tutti gli uomini, ciascuno deve poi fare i conti con i propri «idoli della spelonca» («idola specus»). Ogni uomo ha il proprio “mondo”, una spelonca o grotta particolare, proprio come nel mito di Platone, diversa tanto dal mondo che condivide con gli altri uomini quanto dalla realtà in sé. Questo mondo è costituito dalle idee che ciascuno si fa in base al proprio carattere, all’educazione e alle frequentazioni, ai libri che legge come alle influenze che subisce. E ogni uomo è portato a considerare vero ciò che si costruisce pensando, anche quando vero non è, più facilmente e con più convinzione di quanto sia disposto a credere nelle idee degli altri suoi simili.

Infine, ci sono le nozioni false più moleste e deleterie di tutte: gli «idoli del foro o del mercato» («idola fori»). Sono gli idoli più molesti perché sono legati al linguaggio, anzi, per dirla bene, alle “chiacchiere”. La parola ha il potere di penetrare nelle nostre menti e farci credere qualsiasi cosa, se usata ad arte dal sofista di turno. Un po’ come accade per gli «idoli del teatro» («idola theatri»), ovvero per le dottrine filosofiche, politiche, scientifiche e religiose quando cedono alla tentazione di diventare – con un termine moderno – “ideologie”: mondi di finzioni propinati agli uomini per veri, proprio come accade sulle scene di teatro.

Concludendo, possiamo dire che l’algoritmo intelligente e il «bottone rosso» hanno previsto tutto tranne la «teoria degli idoli». Se un utente facebook, o navigatore solitario della Rete, è convinto che sia migliore il proprio partito, la propria religione o filosofia, e che i vaccini uccidano suo figlio, con molta difficoltà cambierà idea. E giudicherà “veri” i media più conosciuti o quelli che meglio rappresentano la sua «grotta particolare». Non solo: seppure la bacheca dell’utente fosse priva di qualsivoglia notizia proveniente dai media, niente gli impedirà di continuare a personalizzare le ricerche sui vari siti in base alle proprie opinioni se le ritiene vere, se le preferisce o non è disposto a cambiarle qualora vere non fossero.

Insomma, l’origine delle fake news risiede negli idoli di tutti e di ciascuno; non possiamo combattere le prime senza agire sui secondi. Prenderne consapevolezza è, forse, tutto ciò che all’uomo è concesso. E allora ci fermiamo qui: non siamo un algoritmo intelligente.