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Un incontro tra diverse Chiese cristiane nel 2025 a Nicea, 17 secoli dopo il primo Sinodo

Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli,ha proposto un incontro con diverse Chiese cristiane nel 2025 a Nicea, diciassette secoli dopo il primo Sinodo veramente ecumenico, dove fu emesso il Credo.

Un incontro con diverse Chiese cristiane nel 2025 a Nicea, diciassette secoli dopo il primo Sinodo veramente ecumenico, dove fu emesso il Credo. Secondo quanto riportato dall’agenzia S.I.R., l’idea di organizzare un incontro a Nicea tra le diverse Chiese è stata lanciata da Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, in un’intervista rilasciata al quotidiano cattolico italiano Avvenire e a due quotidiani di ispirazione protestante, l’olandese Nederlands Dagblad e il danese Kristeligt Dagblad. In realtà l’idea di organizzare un incontro a Nicea tra le diverse Chiese fu formulata dallo stesso patriarca al suo rientro dal viaggio a Gerusalemme nel 2014 con Papa Francesco.

«L’anniversario dei 1.700 anni dal primo Concilio ecumenico di Nicea nel 2025 – spiega Bartolomeo – può servire come occasione per le Chiese cristiane di riflettere sul loro cammino, sugli errori del passato, così come del presente, e di intraprendere un percorso ecumenico più determinato, capitalizzando le lezioni di più di un secolo di esperienza ecumenica moderna». Nell’intervista, Bartolomeo fa notare come il primo Concilio ecumenico di Nicea fu «un simbolo, una stazione, una svolta nella storia del cristianesimo, non solo perché ha formulato il Credo, ma anche perché ha emesso 20 canoni». Da qui la proposta «per un esame dell’importanza del diritto canonico come strumento per la promozione del dialogo ecumenico». Secondo il patriarca, l’«ecumenismo giuridico» rappresenta «l’aspetto trascurato del nostro dialogo teologico» mentre l’unità dei cristiani e l’approccio comune ai grandi problemi moderni «non è solo una richiesta attuale, ma anche un comando del Fondatore della Chiesa».

A questo punto potrà forse risultare opportuno ricordare il senso della parola «Io credo» con cui si apre il Simbolo niceno-costantinopolitano, il quale, a partire dalla sua origine, vuole essere tanto una iniziazione al cristianesimo quanto una sintesi dei suoi contenuti essenziali. A riguardo scrive J. Ratzinger in Introduzione al Cristianesimo (Queriniana 2005, p. 41): «[…] la paroletta “credo” implica un’opzione fondamentale nei confronti della realtà in quanto tale; non indica l’accertamento di questo o quello, bensì una impostazione di fondo, un modo fondamentale di rapportarsi all’essere, all’esistenza, alla propria persona e all’intero complesso della realtà: quella che regge e rende possibile ogni altra realtà. […] Credere vuol dire di aver deciso che nel cuore stesso dell’esistenza umana c’è un punto che non può essere alimentato e sostenuto da ciò che è visibile e percettibile, ma dove si incontra l’invisibile, sicchè quest’ultimo gli diviene quasi tangibile, rivelandosi come una necessità inerente alla esistenza stessa». Bastano questi pochi accenni per capire come nel verbo “credo” si definisca il nucleo centrale del cristianesimo – cosa che non è affatto ovvia – come una “fede”; e come non si possa dare per scontato che l’essere cristiani si manifesti centralmente nella parola “credo”. L’anniversario di Nicea ci ricorda che questa verità è comune a tutti i cristiani.