“Comunità religiose credibili in parrocchie credibili: è la strada”
"Se volete, dunque, vivere da credibili – afferma l'arcivescovo Valentinetti rivolgendosi ai religiosi - dentro la storia dell'umanità, dentro la storia del vostro ordine, dentro la storia della comunità diocesana e dentro la storia della vostra comunità concreta, dovete vivere questo spirito di unità per mezzo del vincolo della pace. Noi stiamo chiedendo pace tra l'Ucraina e la Russia, ma guardate che la pace comincia da noi stessi"
Venerdì mattina, nella Basilica della Madonna dei sette dolori a Pescara colli in occasione dell’esposizione della reliquia del cuore di San Pio da Pietrelcina, è stata molto partecipata la santa messa presieduta dall’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti alla presenza dei religiosi della Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism) e delle religiose dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi).
Una celebrazione che si è aperta con il saluto del parroco Padre Luca Di Panfilo: «Eccellenza reverendissima, pace e bene a lei. Grazie per aver risposto a questo invito a presiedere questa solenne celebrazione eucaristica, la quale vede protagonisti noi religiosi. È stata voluta fortemente questa celebrazione da noi fraternità cappuccina della Madonna dei sette dolori per rimettere al centro un aspetto. Qui c’è la reliquia del cuore di Padre Pio. Francesco d’Assisi ha fondato un ordine non fuori della Chiesa, ma dentro la Chiesa. La sua missione che Gesù gli aveva affidato Francesco era “Va e ripara la mia casa”, perché doveva ridare slancio alla testimonianza evangelica vicino ai poveri. E Padre Pio ha seguito queste orme di Francesco che promette, in modo decisivo, solenne, insieme a tutta la fraternità, obbedienza al Papa, ai vescovi, alla Chiesa. E allora questa celebrazione ha un senso proprio forte per noi religiosi. Padre Pio ha avuto sempre un cuore obbediente verso la Chiesa, anche quando la Chiesa lo ha messo alla prova. Lui stesso diceva, “La Chiesa ha queste due mani, una mi accarezza e una mi percuote per testarmi alla fede”. Questa espressione tocca il cuore! E allora che questa celebrazione sia per noi religiosi, insieme al vescovo, un invito alla comunione, alla preghiera reciproca, alla disponibilità dell’ascolto, soprattutto di noi frati che come Francesco ci insegna, e come Padre Pio ha fatto, ecco la disponibilità al nostro vescovo, al Papa ad essere sempre persone di comunione, non di divisione. E allora che la celebrazione eucaristica, come il nostro vescovo ci ha ricordato di questo cammino sinodale, è il centro della sinodalità, perché sia veramente rafforzata in questa preghiera eucaristica la nostra comunione. I francescani sostengono la Chiesa con la testimonianza dei voti evangelici di obbedienza, povertà e castità e hanno necessariamente bisogno della Chiesa, perché sono nella Chiesa per fare comunione vicino ai poveri. Grazie buona preghiera a tutti».
Quindi, dopo le letture, l’omelia del presule ispirata dal brano biblico al centro della liturgia eucaristica di venerdì: «Innanzitutto la Parola del Vangelo – sottolinea – ci dice una grande verità. Il credente è colui che sa leggere i segni dei tempi, è colui che è capace di interpretare la storia. La Chiesa non vive come dirimpettaia della storia, il cristiano non vive come giudice della storia. La Chiesa, così ben descritta da padre Luca all’inizio della messa, vive nella storia e dentro la storia. Così come ci ha ricordato padre Luciano Lotti l’altra sera (il segretario generale dei Gruppi di preghiera di Padre Pio che, la sera di mercoledì 19 ottobre, ha tenuto una catechesi dal tema “L’obbedienza di Padre Pio” ), è un pezzo della storia, un pezzo della realtà. Allora a noi il compito di saper stare nella storia, non di uscire dalla storia, non di essere fuori da ogni realtà storica. San Pio da Pietrelcina, quando molta gente andava a chiedere intercessione per avere miracoli, sapete che cosa ha fatto? Ha fatto un ospedale, perché la prima cosa che gli interessava era curare il corpo delle persone. Ha saputo leggere una necessità… Un ospedale di grande specializzazione per rispondere alle domande più difficili, che potevano sì trovare risposta anche con un intervento divino. Il Signore può fare miracoli quando, come e dove vuole. Ma alla Chiesa veniva chiesto il compito di stare dentro una storia, di vivificare la storia con il proprio impegno e con la propria attività».
Per questo, per tornare all’attualità, l’arcivescovo di Pescara-Penne si è quindi chiesto cosa ci chiede il tempo che stiamo vivendo: «In questi giorni, giustamente, come mi è stato riferito – racconta -, qui c’è stato un grande concorso di popolo da Pescara, dalle realtà circonvicine, i gruppi di preghiera. Ma basta? È sufficiente? O forse il Vangelo vive ancora andare oltre? Perché se siamo sempre noi benissimo, mi fa molto piacere, sono molto contento, ma dobbiamo andare oltre. E dobbiamo dire, con molta verità, che facciamo un po’ di fatica ad andare oltre, facciamo un po’ di fatica ad essere lievito dentro una storia che ha bisogno che qualche sporadica, o più che sporadica, forza di fede sia lievito di verità, sia lievito di giustizia, sia lievito d’amore, sia lievito di pace. Abbiamo attraversato, e stiamo ancora attraversando, mascherina alla mano, una brutta stagione dell’umanità. Che cosa vogliamo capire da ciò che sta succedendo? Stiamo vivendo l’esperienza di una guerra terribile. Che cosa vogliamo capire da questa esperienza? Dobbiamo porci delle domande, dobbiamo essere attenti alla storia e dobbiamo avere la capacità di risposte secondo quello che la Parola del Signore ci chiede e secondo quello che il Vangelo vuole. Ma occorre riflettere, pensare, pregare. Allora vorrei lanciare un appello, lo lancerò anche domenica sera questo appello ai gruppi di preghiera di Padre Pio. Siate fermento, dentro le vostre comunità parrocchiali, di comprensione della storia che ogni comunità sta vivendo e che realmente dovete e dobbiamo ricercare risposte che siano il più possibile coerenti, perché il Vangelo continua ad essere annunciato, perché il Vangelo continui a vivere dentro questa storia».
Quindi monsignor Tommaso Valentinetti si è rivolto alle religiose e ai religiosi presenti: «E qui non devo parlare – osserva -. Vi ha parlato San Paolo nella Lettera agli efesini. “Io prigioniero a motivo del Signore – era in carcere -, vi esorto. Comportatevi in maniera degna della vocazione nella chiamata che avete ricevuto”. Ce ne sta in abbondanza. In maniera degna della chiamata non solo ad essere presbiteri, perché siete diventati presbiteri tutti quanti dopo la professione solenne – anche se in alcuni casi accade il contrario -, quindi la vocazione religiosa è precedente. E dovete vivere in maniera degna di questa chiamata, in maniera radicale nella povertà, nell’obbedienza, nella castità, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità. Cioè tutte quelle caratteristiche che si richiedono ad una vita religiosa di capacità, di essere – versetto dell’Alleluia “Signore del cielo della terra, ti rendo lode perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno” vivendo – avete fatto riferimento a San Francesco all’inizio di questa celebrazione – l’esperienza della minorità. La minorità dentro la vostra storia personale, dentro la storia della vostra congregazione, dentro la storia della vostra comunità che vi è stata data. Non l’avete scelta la comunità, la comunità vi è stata data. E certamente voi direte “Ma io non mi ci trovo bene, perché non l’ho scelta“. Ma qui si gioca la mansuetudine, l’umiltà, la dolcezza e la magnanimità. E poi San Paolo vi ha detto una parola che sinceramente, non vorrei fare critiche di nessun genere, di nessun tipo, assolutamente “Sopportandovi a vicenda nell’amore. Non c’è luogo migliore per poter esercitare la santità, che è una comunità religiosa che si deve sopportare a vicenda”. Voi sapete che io sono molto libero in quello che dico. Vi dovete sopportare, vi dovete sopportare perché? Perché non siete uguali, siete ognuno diverso dall’altro, siete ognuna diversa dall’altra. Ma sapete perché vi dovete sopportare? Perché c’è quel famoso detto che i sassi nel fiume si strusciano continuamente perché devono diventare più lisci, altrimenti non diventano lisci».
Da qui l’esortazione dell’arcivescovo di Pescara: «Se volete, dunque, vivere da credibili – afferma – dentro la storia dell’umanità, dentro la storia del vostro ordine, dentro la storia della comunità diocesana e dentro la storia della vostra comunità concreta, dovete vivere questo spirito di unità per mezzo del vincolo della pace. Noi stiamo chiedendo pace tra l’Ucraina e la Russia, ma guardate che la pace comincia da noi stessi. Comincia dal nostro cuore, comincerà il mio ambiente, comincia dalla mia storia, comincia dalla mia comunità, comincia dentro quell’essere concreto di vita che io sono. Perché dobbiamo realizzare l’unità di un solo corpo, di un solo spirito, di una sola speranza alla quale siamo stati chiamati, quella della nostra vocazione. Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Comunità religiose credibili dentro comunità parrocchiali credibili, questa è la strada. Io sono contento che è venuto il cuor di Padre Pio, ma se non siamo dentro questa strada il cuore di Padre Pio piangerà e tornerà a casa mesto. Almeno questa conversione dobbiamo viverla e sentirla, perché lui questo l’ha vissuto, questo l’ha fatto, questo l’ha incarnato, l’ha incarnato fino in fondo e l’ha incarnato anche nella logica della sua santità. Noi cerchiamo il tuo volto Signore. Che questo volto sia il volto che Tu stampi sulla nostra vita dentro questa nostra storia. Amen».
Oggi pomeriggio ci sarà, infine, l’ultimo atto della visita della reliquia del cuore di San Pio da Pietrelcina che alle 17 verrà trasferita nella Cattedrale di San Cetteo, per un momento di preghiera dedicato ai gruppi diocesani di preghiera di Padre Pio, e alle 18.30 ci sarà la santa messa presieduta dall’arcivescovo Valentinetti, trasmessa in diretta da Radio Speranza. Alle 20 il saluto alla reliquia che, accompagnata dal rettore del santuario di San Giovanni Rotondo Padre Francesco Di Leo, farà rientro in Puglia.