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Povertà: “A Pescara chiedono aiuto gli ex percettori del Reddito di cittadinanza”

"Io sono molto preoccupato - afferma l'arcivescovo Valentinetti - del fatto che mentre prima del Covid avevamo una serie di volontari molto presenti e attenti, costoro sono diminuiti notevolmente. Tant’è vero che essendo io il vescovo delegato alla Carità nella Conferenza episcopale abruzzese e molisana, sono stato costretto a fare un appello ai miei confratelli vescovi affinché si diano da fare per risuscitare azioni di volontariato all’interno delle realtà caritative, che possono essere la Caritas o altre – noi non siamo gelosi di nessuno – purché la persona sia messa al centro della nostra attenzione"

Lo ha reso noto Corrado De Dominicis, direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne, al convegno “Raccontare le povertà” tenuto il 18 novembre a Pescara

Corrado De Dominicis, direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne e delegato Caritas Abruzzo-Molise

Quanti in Italia nasceranno poveri, con tutta probabilità, lo rimarranno anche da adulti e avere un lavoro non garantisce più la possibilità di beneficiare di una vita dignitosa. È l’amara fotografia scattata da Caritas italiana attraverso il Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia 2023 “Tutto da perdere”, presentato lo scorso venerdì 17 novembre a Roma e ripresentato, per la prima volta sul territorio, l’indomani sabato 18 novembre all’Aurum di Pescara dalla sociologa e componente dell’Ufficio studi di Caritas italiana Federica De Lausonell’ambito del convegno dal tema “Raccontare le povertà”, organizzato dalla Caritas diocesana di Pescara-Penne in collaborazione con il Banco alimentare dell’Abruzzo, alla vigilia della Giornata mondiale dei poveri. Un appuntamento riconosciuto come evento formativo dall’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, patrocinato dal Comune di Pescara e moderato dal giornalista e responsabile dell’Ufficio comunicazioni della Caritas diocesana di Pescara-Penne Giannicola D’Angelo.

Federica De Lauso, sociologa dell’Ufficio studi di Caritas italiana

Tornando all’indagine Caritas, sono passati quasi trent’anni dalla pubblicazione della prima edizione del volume e, rispetto ad allora, il profilo della povertà nel nostro Paese è radicalmente cambiato sia a livello numerico che qualitativo. Infatti la povertà è aumentata ancora, con la presenza stimata 5,6 milioni di poveri assoluti – pari al 9,7% della popolazione (mentre nel 2021 erano il 9,1%) – ovvero un residente su dieci. Insomma, sono piombate nella povertà assoluta altre 357 mila persone. Leggendo il dato dal punto di vista delle famiglie, si contano 2 milioni e 187 mila famiglie, rispetto ai 2 milioni e 22 mila famiglie del 2021 (165 mila nuclei familiari in più). All’interno di queste famiglie vivono 1,2 milioni di minori, in condizioni di povertà, con un futuro senz’altro compromesso. Gli stranieri, invece, nonostante rappresentino solo l’8,7% della popolazione, costituiscono il 30% dei poveri assoluti. I lavoratori poveri che chiedono aiuto ai Centri d’ascolto Caritas sono il 22,8% dell’utenza, il 64,9% dei quali sono stranieri. Sono 2,7 milioni i “working poor” (lavoratori poveri) in Italia (l’11,5% degli occupati rispetto a una media europea dell’8,9%). Infatti il 47% delle famiglie in povertà assoluta hanno comunque il capofamiglia occupato. E tra le famiglie povere di soli stranieri la percentuale sale addirittura all’81,1%. Ai lavoratori poveri il Rapporto Caritas ha dedicato un approfondimento specifico, illustrando un’indagine nazionale di tipo partecipativo. Oggi in Europa vivono in una condizione di rischio povertà e/o esclusione sociale oltre 95 milioni di persone, il 21,8% della popolazione (prima della pandemia di Covid-19, l’incidenza si fermava al 20,7%). In Italia l’indicatore dei working poor tocca il 24,4%, per un totale di 14 milioni 304 mila persone a rischio. Secondo la Caritas, anche a causa dei conflitti in Medio Oriente e Ucraina, «i recenti fatti internazionali potranno avere pesanti conseguenze in termini economici che si andranno a innestare su un tessuto economico globale in frenata».

Intanto la Caritas, nel 2022, ha eseguito 3,4 milioni di interventi d’aiuto, per una media di 13,5 prestazioni per assistito o nucleo familiare (nel 2021 la media era di 6,5). Inoltre, nei Centri d’ascolto e presso i servizi informatizzati (2.855 in tutto) sono state aiutate 255.957 persone, corrispondenti all’11,7% delle famiglie in povertà assoluta, ovvero l’1% delle famiglie residenti. Gli stranieri sono il 59,6%, con punte che arrivano al 68,5% e al 66,4% nel Nord-Ovest e nel Nord-Est. L’età media è 53 anni per gli italiani e 40 anni per gli stranieri. Il 52,1% sono donne, il 47,9% uomini. Gli utenti che si rivolgono alla Caritas hanno due caratteristiche in comune, ovvero il basso livello d’istruzione (il 66,5% ha la licenza di scuola media inferiore) e una fragilità occupazionale. Il 48% è in condizioni di disoccupazione e di “lavoro povero” (22,8%). I lavoratori poveri che bussano alle porte della Caritas sono il 22,8% dell’utenza, di cui il 64,9% sono stranieri. L’età è compresa fra i 35 e i 55 anni, il 53,7% sono sposati, il 75,9% ha figli, il 76,7% vive in case in affitto. Lavorano come colf, badanti, addetti alle pulizie, operai, manovali, impiegati nella ristorazione e nel commercio. Le nuove povertà sono il 45,3% degli utenti Caritas, ma sono ancora moltissime le persone che non riescono a risollevarsi facilmente: il 24,4% è seguito da cinque anni e più, il 21% da 1-2 anni, il 9,3% da 3-4 anni. Si chiede aiuto alla rete Caritas soprattutto per problemi economici (il 78,5%), occupazionali (45,7%) e abitativi (23,1%), disagi legati all’immigrazione (24,2%), problemi familiari (13%), di salute (11,6%), legati all’istruzione (7,8%), alle dipendenze (3,1%), alla detenzione e giustizia (3,1%) o all’handicap/disabilità (2,9%). La povertà energetica in Italia, ovvero la difficoltà a pagare le bollette delle utenze domestiche o poter scaldare la propria casa, colpisce il 9,9% della popolazione (dato Istat/Eurostat), con una tendenza all’aumento negli ultimi 10 anni. Nel 2022 il 19,1% degli assistiti Caritas ha ricevuto un sussidio economico (86 mila sussidi), il 45% è stato a supporto di “bisogni energetici”.

I relatori del convegno Raccontare le povertà

E rapportando il primo semestre 2023 allo stesso periodo del 2022, sempre in base al Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia 2023 “Tutto da perdere”, emerge come nei centri d’ascolto e servizi Caritas territoriali stanno emergendo alcune novità. Infatti diminuiscono gli assistiti (-2,3%), ma aumentano le povertà croniche (+9,6%) e le persone sole (+5,4%) e senza fissa dimora. Calano anche il numero dei nuovi ascolti (-7,2% delle persone ascoltate per la prima volta nel 2023), la quota dei nuclei familiari (-5,4%), mentre aumenta quello dei divorziati (+3,2%). Torna anche ad aumentare la grave esclusione sociale e abitativa: le persone senza dimora, in appena un anno, sono aumentate del +12,3%; dal 2022 al 2023 tende all’aumento anche la quota di persone con problemi abitativi (mancanza di casa, accoglienza provvisoria, abitazione precaria/inadeguata) e connessi allo stato di salute. In base ai dati Istat, nel 2022 erano 1 milione 270 mila i minori a vivere in povertà assoluta (13,4% in Italia, 15,9% nel Sud). Il 7,5% dei minori è in condizioni di grave deprivazione abitativa, con tassi di sovraffollamento che sfiorano il 50% nel caso delle famiglie mono-genitoriali. È però positivo il calo della dispersione scolastica, sceso all’11,5% nel 2022 rispetto al 16,8% nel 2013. I giovani Neet, invece, rappresentano quasi il 20% di tutti i 15-29enni (1,7 milioni), oltre 7 punti percentuali in più della media europea (11,7%). Nei primi sette mesi del 2023, le famiglie che si sono affidati al Reddito di cittadinanza sono stati 1 milione e 331 mila (Inps, 2023), per un totale di più di 2,8 milioni di persone coinvolte. Nel 2021 erano quasi 4 milioni di persone.


I DATI SULLA POVERTÀ 2022 IN ABRUZZO-MOLISE
Nell’ambito del convegno “Raccontare le povertà”, il delegato regionale Caritas Abruzzo-Molise nonché direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne, ha anche reso noti i dati regionali e provinciali relativi alla povertà. In base a questi ultimi, emerge come siano soprattutto le donne a rivolgersi nei centri d’ascolto Caritas d’Abruzzo e Molise (54,6%) e come siano soprattutto italiane (53%). Le problematiche per cui si chiede aiuto ai presidi territoriali della Caritas sono soprattutto di natura economica (82%), occupazionali (66,8%), abitativi (31%) e familiari (29%). C’è poi un dato registrato dalle Caritas diocesane d’Abruzzo e Molise, il quale le accomuna con le altre del Meridione: «La fragilità multidimensionale – sottolinea De Dominicis – è presente nel 90% delle situazioni riportati durante l’ascolto. Ciò indica che le condizioni di povertà sono sempre più condizionanti l’una sull’altra».


I DATI SULLA POVERTÀ 2023 A PESCARA
In base a quanto raccolto dagli operatori della Caritas diocesana, nell’ultimo trimestre 2023 c’è stato un ritorno di persone ex percettori del Reddito di cittadinanza, dopo l’ultima riforma governativa che ha tagliato il sussidio, sostituendolo con l’Assegno d’inclusione assegnato con criteri più stringenti: «Questo aumento – rileva il direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne – lo notiamo in quanti erano presi in carico dai Centri per l’impiego, essendo appunto beneficiari del Reddito di cittadinanza. Oggi sono tornati a chiedere aiuto specialmente per il pagamento di utenze e affitti». E per le famiglie pescaresi, le difficoltà sono aumentate anche con la riapertura della scuola: «Rispetto al 2022 – denota Corrado De Dominicis – c’è stato un aumento di richieste di libri e materiale scolastico, dovuto proprio alle difficoltà accumulate dagli ex percettori del Reddito di cittadinanza, ma anche all’aumento dell’inflazione mentre i salari vanno diminuendo».

Inoltre, a Pescara sono aumentate del 15% le richieste economiche per il pagamento di utenze e per bisogni relativi al proprio stato di salute. E poi c’è un aumento del 9% di richieste d’aiuto per problematiche abitative: «A tal proposito – osserva De Dominicis -, credo che a noi Chiesa venga richiesto il compito di cambiare la narrazione sull’abitare, che non può essere ridotto alle “quattro mura” ma che deve considerare anche la salubrità degli ambienti, nonché sfatare il tabù rispetto alla disponibilità di tanti immobili sfitti presenti sul nostro territorio. Questi ultimi non vengono affittati per questioni di pregiudizio razziale, perché magari se gli inquilini sono immigrati non gli si affitta la casa con il contratto e se poi sono in 10 nella stessa abitazione li si fa pagare l’affitto in nero. E se poi si tratta di persone con minori al seguito, l’affitto di una casa viene loro negato per la paura che, in caso di problemi economici, non si riesca più a mandarli via. Inoltre vengono chieste fideiussioni, per tutta la durata del contratto, a persone che non possono averle oppure vengono chieste dalle 6 alle 12 mensilità di anticipo per poter entrare in casa».

Da qui la conclusione del direttore della Caritas diocesana di Pescara-Penne: «Vogliamo raccontare che ci sono tante povertà economiche e sanitarie da un lato – sottolinea il dirigente Caritas -, ma che ci sono anche tante povertà culturali dall’altro. Anche nel racconto della povertà credo sia difficile essere in empatia e vicinanza con persone che vivono la povertà. Bisogna farlo mantenendo un focus non guardando solo alle nuove povertà, dimenticando le vecchie. Oggi si parla molto di povertà educativa, ma non si può prenderla in considerazione se non si pensa a quello che vuol dire persone con problemi economici date da pensioni troppo basse. E non possiamo pensare alla povertà educativa se non si prendono in considerazione quelle che sono le povertà delle famiglie e dei working poor, che non riescono a prendersi cura o a stare con i propri figli dovendo star dietro a quattro lavori che non fanno guadagnare abbastanza per affrontare la quotidianità. Raccontare le povertà vuol dire raccontare noi stessi, prendere coscienza e agire concretamente ognuno per la propria parte».

Mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne

Ad aprire i lavori del convegno “Raccontare le povertà” era stato l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti: «Raccontare le povertà non è facile – afferma il presule -, più che altro perché non sappiamo da dove cominciare, perché le povertà sono tante. Si può partire dalla macrorealtà di chi bussa alle porte del nostro Paese per avere un futuro migliore, che però passa attraverso una dimensione di povertà e si arriva a riconsiderare la situazione di tanti giovani i quali oggi vivono sotto la soglia di quella che è la realtà possibili di vita. Il riferimento particolare è alle famiglie monoreddito, il cui reddito molto spesso e insufficiente, e alle povertà abitative che creano grandi problemi. Poi ci sono realtà di nicchia, di situazioni particolarissime, il mondo non residuale dei tossicodipendenti, dei malati di Hiv e dei sieropositivi i quali – in qualche modo – vanno accolti perché hanno delle situazioni fisiche molto complesse (noi, con la nostra Caritas, lo facciamo nella Casa del Buon samaritano). Sono tutte dimensioni di nicchia che bussano alle porte dell’attenzione del nostro cuore, della Chiesa e delle realtà parrocchiali. A fronte di questa realtà, io sono molto preoccupato del fatto che mentre prima del Covid avevamo una serie di volontari molto presenti e attenti, costoro sono diminuiti notevolmente. Tant’è vero che essendo io il vescovo delegato alla Carità nella Conferenza episcopale abruzzese e molisana, sono stato costretto a fare un appello ai miei confratelli vescovi affinché si diano da fare per risuscitare azioni di volontariato all’interno delle realtà caritative, che possono essere la Caritas o altre – noi non siamo gelosi di nessuno – purché la persona sia messa al centro della nostra attenzione, soprattutto alla luce della bellissima pagina del Vangelo che in questi giorni di fine anno liturgico risuonerà tante volte: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero nudo e mi avete vestito, malato in carcere e siete venuti a trovarmi”. E soprattutto nella logica di attenzione e promozione. Infatti è appena rientrata dal Senegal una delegazione della Caritas Abruzzo-Molise, che ha realizzato un gemellaggio con la realtà senegalese. Non possiamo chiudere gli occhi su un mondo che è sempre più povero, dentro la realtà di un mondo che è sempre più ricco».

Germana D’Orazio, consigliera dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo

A seguire, in rappresentanza dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, è intervenuta la consigliera regionale Germana D’Orazio: «Il buon giornalismo – riflette la giornalista – è quello che aiuta, attraverso l’informazione, il lettore a riflettere sui fatti. Per quanto riguarda le povertà, mutuando le parole dell’arcivescovo Valentinetti, è anche soprattutto fragilità in generale. Parliamo di minoranze, non solo di persone in difficoltà economica, di persone che hanno difficoltà relazionali perché socialmente meno considerate. Io, in questo, ogni volta che faccio interventi di questo genere richiamo i colleghi – a partire da me stessa – a non smettere di essere umani, perché noi abbiamo un’arma caricata a pallettoni che è l’informazione. Abbiamo un potere grandissimo, per quanto non sia formalmente codificato, ma siamo pericolosissimi perché spesso abbiamo la tentazione di sensazionalizzare la vita degli altri. Per noi magari è solo una storia, ma per quelle persone su cui puntiamo la telecamera quell’evento può essere devastante, un punto di non ritorno della propria vita. Una volta che si viene esposti al pubblico, poi è molto difficile tornare indietro. Nella vita delle persone bisogna entrare con grande delicatezza».

Paolo Lambruschi, giornalista di Avvenire

È stato poi il giornalista di Avvenire Paolo Lambruschi a superare alcuni luoghi comuni sulla povertà: «I tempi sono cambiati, tutto è connesso – ricorda il giornalista -. Il povero che ci bussa alla porta di casa, porta una storia che spesso comincia molto lontano. E anche se è una storia che riguarda una persona italiana si incrocia, perché dove c’è povertà c’è sfruttamento. E il sospetto, molte volte, è che non ci sia la voglia di affrontare il tema della povertà per avere una massa di manovra da sfruttare. Questo è un vecchio concetto del marxismo, io non sono marxista, ma tante volte la storia economica ci aiuta a capire. Se non ci fosse stato lo schiavismo, non ci sarebbe stato lo sviluppo capitalista dell’Occidente, non ci sarebbe stato lo sviluppo degli Stati Uniti d’America e quindi, se non ci fossero gli schiavi nelle campagne, l’agricoltura italiana non starebbe bene. E ogni volta che andiamo al supermercato e vediamo che c’è un ribasso della frutta o della verdura, dobbiamo pensare che c’è un migrante che dorme per strada e che va a raccogliere. Un immigrato irregolare, un clandestino? No, un immigrato con un regolare permesso di soggiorno. Un migrante che, fino a 5 mesi prima, lavorava in una fabbrica con un permesso di soggiorno ed è stato licenziato insieme ai suoi colleghi italiani. Questa è la povertà, benvenuti nel 2023. D’altra parte il racconto delle povertà deve vedere persone interessate alla povertà, mentre invece è aumentata l’indifferenza nei suoi confronti».

Antonio Dionisio, presidente del Banco Alimentare dell’Abruzzo

Infine, la riflessione del presidente del Banco Alimentare d’Abruzzo Antonio Dionisio: «È possibile comunicare in modo diverso il tema della povertà – spiega -. In particolare noi ci occupiamo di un piccolo pezzo, che è quello della povertà alimentare. L’altra sfida è il ruolo della società rispetto a questo, perché occuparsi della povertà non è solo un impegno per gli addetti ai lavori, ma c’è una responsabilità sociale che mi chiama a muovermi e a creare le condizioni affinché la singola persona possa portare quel pacco che poi noi consegniamo al povero. La carità è stare vicino ad una persona che soffre ma, come dice Papa Francesco, “è carità tutto ciò che si fa senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza”. Quindi tutto quello che facciamo per cambiare alcune condizioni, ci permettono di portare quell’aiuto concreto di persona. Ne consegue che un atto di carità altrettanto indispensabile, è l’impegno ad organizzare strutture, la società e il mondo così che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria. Noi ci occupiamo di povertà alimentare, una parte dell’esigenza delle persona che si trovano in stato di bisogno. Infatti stiamo pensando di coinvolgere partner energetici su questo tema per fare una bolletta di solidarietà un centro di energia disponibile per quartieri e comunità. Sono già partiti dei progetti in Italia e presto la faremo anche in Abruzzo».

About Davide De Amicis (4458 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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