“La gratitudine, che affiora nella gratuità, soffoca nell’ansia dell’avere”
"La gratitudine mondana, la speranza mondana – osserva il Papa - sono apparenti; mancano della dimensione essenziale che è quella della relazione con l’Altro e con gli altri, con Dio e con i fratelli. Sono appiattite sull’io, sui suoi interessi, e così hanno il fiato corto, non vanno oltre la soddisfazione e l’ottimismo"
Come da tradizione, anche in questo 31 dicembre Papa Francesco ha tenuto nella basilica di San Pietro il Te Deum di fine anno, pronunciando un’omelia molto significativa: «La gratitudine mondana, la speranza mondana – osserva il Papa – sono apparenti; mancano della dimensione essenziale che è quella della relazione con l’Altro e con gli altri, con Dio e con i fratelli. Sono appiattite sull’io, sui suoi interessi, e così hanno il fiato corto, non vanno oltre la soddisfazione e l’ottimismo». Mentre nel Te Deum di fine anno, a detta del Pontefice, si respira «tutta un’altra atmosfera, quella della lode, dello stupore, della riconoscenza».
La gratitudine e la speranza sono stati i due sentimenti sui quali Papa Bergogolio ha incentrato la sua riflessione: «La liturgia ci fa entrare nei sentimenti della Chiesa – sottolinea -; e la Chiesa, per così dire, li impara dalla Vergine Madre. Pensiamo a quale sarà stata la gratitudine nel cuore di Maria mentre guardava Gesù appena nato. È un’esperienza che solo una mamma può fare, e che tuttavia in lei, nella Madre di Dio, ha una profondità unica, incomparabile. Maria sa, lei sola insieme a Giuseppe, da dove viene quel Bambino. Eppure è lì, respira, piange, ha bisogno di mangiare, di essere coperto, accudito. Il Mistero dà spazio alla gratitudine, che affiora nella contemplazione del dono, nella gratuità, mentre soffoca nell’ansia dell’avere e dell’apparire».
Quindi Papa Francesco ha accostato Maria a noi fedeli: «Il cristiano, come Maria – spiega -, è un pellegrino di speranza. E proprio questo sarà il tema del Giubileo del 2025 “Pellegrini di speranza”. A tal proposito, il Papa ha rivolto una domanda eloquente: «Roma – interroga il Pontefice – si sta preparando a diventare nell’Anno Santo città della speranza? Tutti sappiamo che da tempo è in atto l’organizzazione del Giubileo. Ma comprendiamo bene che, nella prospettiva che qui assumiamo, non si tratta principalmente di questo; si tratta piuttosto della testimonianza della comunità ecclesiale e civile; testimonianza che, più che negli eventi, consiste nello stile di vita, nella qualità etica e spirituale della convivenza. Stiamo operando, ciascuno nel proprio ambito, affinché questa città sia segno di speranza per chi vi abita e per quanti la visitano?».
Da qui il monito: «Entrare in piazza San Pietro – avverte il Santo Padre – e vedere che, nell’abbraccio del Colonnato, si muovono liberamente e serenamente persone di ogni nazionalità, cultura e religione, è un’esperienza che infonde speranza, ma è importante che essa sia confermata da una buona accoglienza nella visita alla Basilica, come pure nei servizi di informazione. Il fascino del centro storico di Roma è perenne e universale, ma bisogna che possano goderlo anche le persone anziane o con qualche disabilità motoria; e occorre che alla “grande bellezza” corrispondano il semplice decoro e la normale funzionalità nei luoghi e nelle situazioni della vita ordinaria, nella vita feriale. Perché una città più vivibile per i suoi cittadini è anche più accogliente per tutti».