Chiesa: nome comune di genere maschile
Ultimamente Papa Francesco si è espresso in merito alla posizione che le donne hanno – o dotrebbero avere – all’interno della Chiesa, affermando la necessità di «ampliare gli spazi della presenza femminile» e di renderla «più incisiva». Il pontefice ha riconosciuto il ruolo fondamentale che le donne rivestono – o dotrebbero rivestire – sull’esempio di Maria, centro e cardine della vita nella prima comunità cristiana:
«Una Chiesa senza le donne è come il collegio apostolico senza Maria. Il ruolo delle donne è l’icona della Vergine, della Madonna. E la Madonna è più importante degli apostoli».
Affermazioni di questo tipo, moltiplicandosi e riecheggiando anche nelle parole di altri illustri prelati (mons. Rino Fisichella ha affermato che sono ormai le donne a tener vive la gran parte delle parrocchie italiane), hanno scatenato un grande entusiasmo femminista. In base a quanto ha affermato il papa, infatti, le donne sono icona di Maria e «Maria è più importante degli apostoli»: ergo il ruolo delle donne è quanto meno paragonabile – se non superiore – a quello dei sacerdoti e dei vescovi, che degli apostoli hanno ereditato il posto e la missione. Sospinti dal vento di rinnovamento che soffia dal nuovo pontefice, riviste, trasmissioni televisive e blog più o meno affidabili hanno profetizzato l’imminente ordinazione di sacerdotesse cattoliche o l’elezione di cardinalesse (link). È però naturale e legittimo chiedersi se simili profezie siano realistiche e realizzabili.
Tra le due possibilità – il sacerdozio femminile e l’estensione del cardinalato alle donne – probabilmente la seconda sorprende maggiormente i non addetti ai lavori. Eppure l’inserimento di qualche consacrata tra le liste dei porporati potrebbe essere in ultima analisi un progetto più facilmente realizzabile del sacerdozio femminile. Infatti, il cardinalato è un titolo onorifico, non un ordine sacro, e potrebbe essere esteso – volendo – anche a donne dotate di determinate qualità. Tuttavia il Codice di Diritto canonico del 1983 limita l’accesso a questo titolo a soli «uomini […] costituiti almeno nell’ordine del presbiterato, in modo eminente distinti per dottrina, costumi, pietà e prudenza nel disbrigo degli affari». Ora, per estendere il titolo alle donne, basterebbe correggere la norma in modo tale da consentire l’accesso al cardinalato a «persone» (uomini e donne, quindi), certamente illustri per dottrina, costumi, pietà e doti organizzative, ma «anche non costituite nell’ordine presbiterale».
Ben diversa è la questione del sacerdozio femminile, questione peraltro affatto nuova, se già nel 1994 Giovanni Paolo II era dovuto intervenire nel dibattito, fissando quella che doveva essere considerata la posizione ufficiale e definitiva della Chiesa:
«Benché la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante e universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare. Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa»
(lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis; per il testo completo segui il link).
Quanto fissato nella Ordinatio sacerdotalis è stato rimesso in discussione, soprattutto negli ultimi tempi, probabilmente anche a causa delle storie di sacerdozi falliti (corruzione, pedofilia, rinunce all’abito per la vita matrimoniale ecc.) e la netta diminuzione di vocazioni sacerdotali – soprattutto nei Paesi sviluppati – che palesano il rischio di vedere molto presto le parrocchie sguarnite e le comunità di fedeli abbandonate come pecore senza pastore. Il sacerdozio femminile appare ad alcuni una soluzione possibile alla carenza di pastori. Non è un caso – almeno a mio avviso – che il sacerdozio femminile sia ammesso in certe sette e Chiese protestanti (che registrano un numero di aderenti inferiore a quello delle comunità cattoliche e ortodosse), nelle quali le funzioni sono celebrate abitualmente da uomini come da donne. La Chiesa cattolica, ovviamente, non ammette simili ordinazioni. Anzi, come attestano alcuni episodi neppure tanto lontani nel tempo (vd. il caso delle tre sacerdotesse cattolico-romane ordinate in Svizzera nel 2006), l’ordinazione sacerdotale di una donna è punibile con la scomunica immediata, al pari dei «più gravi delitti contro la Chiesa», come l’eresia, l’apostasia e la pedofilia. Per quali ragioni?
Nella lettera del 1994, Giovanni Paolo II – riferendosi soprattutto a Paolo VI – ne elencava tre:
1. «l’esempio, registrato nelle Sacre Scritture, di Cristo che scelse i suoi Apostoli soltanto tra gli uomini»;
2. «la pratica costante della Chiesa, che ha imitato Cristo nello scegliere soltanto degli uomini»;
3. «il suo vivente magistero, che ha coerentemente stabilito che l’esclusione delle donne dal sacerdozio è in armonia con il piano di Dio per la sua Chiesa».
Le prime due ragioni sono di origine – potremmo dire – storico-biblica. Narrano i Vangeli che Gesù, dopo una notte di preghiera e in piena unità di spirito con il Padre, scelse come apostoli dodici uomini (Lc 6,12-16); e fece questo pur avendo tra i discepoli e i seguaci pie donne (Lc 8,2-3) e la sua stessa Madre. In questa scelta, Egli non fu vincolato – secondo quanto sostiene la Chiesa – alle norme sociali o culturali del tempo (che in molti casi aveva sovvertito senza troppe remore), ma da precise motivazioni che hanno a che fare con «l’eterno progetto di Dio». Di fronte a tale «disposizione divina», come ha affermato il domenicano Wojciech Giertych, teologo della Casa Pontificia, interpellato in merito a questo problema qualche tempo fa, non possiamo far altro che «inginocchiarci», come davanti a un «mistero della fede […] ricevuto» dall’alto. L’esempio di Gesù fu seguito dai discepoli quando si trovarono a scegliere i propri collaboratori e successori, e divenne «pratica costante della Chiesa» e norma immutabile del suo «magistero vivente».
Dunque, Gesù e i suoi discepoli scelsero esclusivamente uomini, sebbene tra i loro seguaci ci fossero anche donne, e la loro decisione non dipese da norme sociali e culturali. Si potrebbe obiettare che forse non sarebbe stato molto prudente inviare delle donne a predicare nelle città e nei villaggi, visti i rischi e le difficoltà previste per il viaggio (Mt 10,5 ss.); senza contare che, vista la mentalità del tempo, probabilmente non le avrebbe ascoltate nessuno, o sarebbero state prese per streghe o indemoniate … Ma sono mie obiezioni, e contano poco.
Tuttavia, potrebbe capitare anche a voi, sfogliando qualche pubblicazione frutto di ricerche accademiche, di leggere che nel corso dei primi secoli alcune donne sono state ordinate sacerdoti ed hanno svolto «tutti i compiti tradizionalmente riservati agli uomini» (G. Otranto). Sono, dunque, esistite donne-sacerdote nel passato? Quale ruolo ebbero nelle comunità cristiane? E in che considerazione erano tenute? È quanto tenteremo di scoprire nel nostro prossimo appuntamento.
Ricordo solo che nella Chiesa anglicana, dopo le donne sacerdote, hanno ordinato presbiteri e vescovi donne e uomini dichiaratamente omosessuali: dopo di ciò il tasso di conversione al Cattolicesimo romano è schizzato alle stelle…
Sono gli stessi – a quanto mi sembra – che hanno abrogato il celibato ecclesiastico, soluzione che a te sembra “molto più ragionevole” del sacerdozio femminile. E poi non so se è il caso di equiparare il problema delle donne sacerdote a quello dei preti omossessuali …
Dico solo che innovare nel campo della disciplina e della prassi ecclesiale e liturgica è molto rischioso; si accettano dapprima cambiamenti minimi e si finisce col ritenere normali stravolgimenti anche in ambito di fede. Chiarirò meglio la mia posizione sul celibato ecclesiastico.
Il celibato ecclesiastico ha avuto la sua sanzione definitiva in Occidente solo col Concilio di Trento (1563), nonostante numerosi tentativi precedenti di istituzionalizzarlo. Lo si può ritenere relativamente recente. In ambito ortodosso e cattolico quasi mai sono state ordinate donne prete – mentre diaconesse sì.
Si pone anche il problema dei rapporti con le altre confessioni cristiane. Mi risulta che il sacerdozio della donna sia ammesso solo da alcuni movimenti protestanti, e dopo molte polemiche. La questione va posta sul piano ecumenico e teologico, non dei diritti umani.
Il sacerdote è imago Christi. Può essere donna? A mio avviso no. Maria Madre di Dio, pur essendo la più santa fra le creature, non esercitò il ministero sacerdotale; né le figlie dell’apostolo Filippo, santa Tecla o altre. Donne sacerdote si sono viste solo nei movimenti ereticali (gnostici, colliridiani, montanisti ecc.).
Se poi poni la questione sul piano dei diritti umani (ognuno ha diritto a esercitare il sacerdozio a prescindere dal genere e dall’orientamento sessuale), non vedo cosa possa impedire in futuro l’ordinazione di presbiteri e vescovi – uomini e donne – omosessuali o bisessuali…
Gli esempi addotti da G. Otranto riguardano situazioni irregolari di sacerdozio femminile in ambito bretone e italico meridionale (Calabria), sempre condannate dalla Sede apostolica. Un altro discorso investe il ruolo delle donne nel montanismo e nelle sette gnostiche.
Mi sembra molto più ragionevole l’abrogazione totale del celibato ecclesiastico maschile o quantomeno l’opzione facoltativa in suo favore, sull’esempio delle Chiese ortodosse e cattoliche di rito orientale. Il sacerdote è immagine vivente di Cristo.
Le Sacre Scritture non impongono il sacerdozio (I Timoteo 3:2) anzi, mettono in guardia circa tale imposizione (I Timoteo 4:3)
…Correggo quanto sopra :”il celibato ” non il sacerdozio”…
Papa Francesco ci invita ad avere un cuore nuovo e il cuore prescinde da modifiche istituzionali. Quello delle donne sacerdote mi sembra un falso problema.
In che senso? Potrebbe spiegarsi meglio?