Rom e sinti: l’85% degli italiani li percepisce negativamente
Secondo i dati, l’85% degli italiani esprime un‘opinione totalmente negativa sulla popolazione rom, e solo nel 2014 sono stati registrati 443 episodi di incitamento all’odio, di cui 204 di grave entità. Di questi oltre 400 episodi, l‘87% risulta riconducibile a esponenti politici e personalità pubbliche
Sono 180 mila i rom e sinti che vivono in Italia e rappresentano lo 0,25% della popolazione, la metà di essi ha cittadinanza italiana e quattro su cinque vivono in regolari abitazioni, studiano e lavorano. Ma ciononostante, l’85% degli italiani esprime un‘opinione totalmente negativa nei loro confronti.
È questa la situazione che emerge dal primo rapporto nazionale sulla condizione di rom e sinti in Italia, presentato ieri a Roma dall’Associazione 21 luglio in occasione della Giornata internazionale dei rom e dei sinti. Secondo il rapporto, che è stato consegnato anche alla presidente della Camera Laura Boldrini, i rom e sinti presenti in Europa sono circa 12 milioni, di cui 6 milioni nell’Unione Europea.
Il dato più in controtendenza con i consueti giudizi degli italiani sulla popolazione rom, rivela come dei 180 mila rom e sinti che vivono in Italia solo il 3% è effettivamente nomade, mentre sono 40 mila quelli che vivono nei campi, ovvero solo uno su cinque.
Secondo l‘associazione 21 luglio, inoltre, la Strategia nazionale per l‘inclusione dei Rom e di Sinti varata nel 2014 non ha prodotto gli effetti sperati, lasciando inalterata la precarietà delle loro condizioni di vita: «L‘approccio emergenziale – si legge nel rapporto -, che nei propositi doveva essere definitivamente abbandonato, ha rappresentato il filo conduttore di ogni azione pubblica e si è andato declinando in numerose azioni di sgombero forzato (più di 230 nelle città di Roma e Milano) e nella progettazione di nuovi campi nomadi».
Circa la metà dei rom e sinti presenti in Italia ha la cittadinanza italiana, mentre si stima che circa il 60% del totale abbia meno di 18 anni. Secondo il rapporto stilato dall‘associazione 21 luglio, inoltre, il mancato riconoscimento dello status giuridico, risulta un grave ostacolo per il godimento di diritti fondamentali per almeno 15 mila minori rom nati e cresciuti in Italia, ma che sono a rischio apolidia. Ad emergere dal report, inoltre, è il forte nesso fra le politiche discriminatorie e il radicato antiziganismo presente in Italia.
Secondo i dati, l’85% degli italiani esprime un‘opinione totalmente negativa sulla popolazione rom, e solo nel 2014 sono stati registrati 443 episodi di incitamento all’odio, di cui 204 di grave entità. Di questi oltre 400 episodi, l‘87% risulta riconducibile a esponenti politici e personalità pubbliche.
Gli episodi violenti che hanno avuto per bersaglio i rom, si legge nel rapporto, hanno contraddistinto in maniera omogenea tutte le aree del Paese: Poggioreale, Latina, Città di Castello, Padova sono solo alcune delle città dove sono avvenuti gli episodi più gravi.
Il rapporto, che traccia un bilancio del 2014, si concentra in particolare sulla questione abitativa che resta centrale nel rapporto fra le amministrazioni locali e la popolazione rom: «Nella maggioranza dei campi nomadi italiani – approfondisce l’indagine -, sono molteplici gli elementi di criticità che dal Nord al Sud sono stati riscontrati e che li hanno resi luoghi di sospensione dei diritti umani».
Secondo i dati del report, nella sola città di Roma sono stati spesi nel 2013 oltre 22 milioni di euro per mantenere il sistema dei campi e dei centri d‘accoglienza per soli rom. Queste politiche, secondo l‘associazione 21 luglio, hanno avuto una ricaduta pesantissima sulla qualità di vita dei minori che vivono all‘interno degli insediamenti, segnando profondamente il loro futuro.
Stando alle statistiche, in un caso su cinque un figlio del campo non inizierà mai un percorso scolastico e in tenera età avrà fino a 60 volte la probabilità, rispetto a un suo coetaneo, di essere segnalato dal Servizio Sociale e di entrare in contatto con il sistema di protezione minori. La sua aspettativa di vita, inoltre, risulterà mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione, mentre da maggiorenne avrà 7 possibilità su 10 di sentirsi discriminato a causa della propria etnia.
E un appello ai cristiani d’Europa perché diventino sempre più aperti nei confronti dei Rom, che sono spesso esclusi e vivono in povertà ai margini della società, lo hanno rivolto le Chiese europee attraverso i due loro organismi di rappresentanza – la Kek (per le chiese protestanti, ortodosse, anglicana) e il Ccee (per le Conferenze episcopali cattoliche) – in un messaggio congiunto: «Ogni essere umano – ricordano le Chiese d’Europa – è creato a immagine di Dio, qualunque sia la sua lingua e la sua cultura. Nonostante la difficoltà vissute lungo tutta la loro storia, le minoranze Rom hanno mantenuto una ricca cultura che include valori come la vita familiare, l’amore per i bambini, la fede in Dio, il rispetto verso i defunti, il piacere della musica e della danza. Consideriamo questa cultura come un dono del Creatore, che merita rispetto e sostegno».