“Un uomo giusto in un mondo ingiusto, non può che fare la fine del martire”
"Siate costanti - ricorda monsignor Tommaso Valentinetti, citando la lettera di San Giacomo apostolo -, siate pazienti, abbiate la calma e la costanza di vivere la vostra vita giorno per giorno. Guardate l’agricoltore, è paziente, aspetta che il frutto arrivi. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina, è più vicina di duemila anni fa, è più vicina di ieri, ogni giorno che passa è sempre più vicina, ma dobbiamo avere il coraggio della perseveranza in questa vita con la fede, non lamentandoci gli uni degli altri, ma prendendo come modello di sopportazione e costanza i profeti"
I martiri laotiani come Giovanni Battista in attesa dell’avvento del Regno di Dio. Su questo paragone, ieri sera, l’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti ha incentrato la riflessione della sua omelia nella Santa messa della terza domenica di Avvento, presieduta nella chiesa di Sant’Andrea apostolo a Pescara.
Un appuntamento speciale per i Padri Oblati di Maria Immacolata, presenti da oltre 70 anni nella parrocchia pescarese, i quali hanno voluto dedicare la celebrazione eucaristica ai loro confratelli morti da martiri in Laos (Padre Mario Borzaga, Padre Louis Leroy, Padre Michel Coquelet, Padre Vincent L’Hènoret, Padre Jean Wauthier e Padre Joseph Boissel) insieme ad altri 11 martiri uccisi tutti tra il 1954 e il 1970 ad opera dei guerriglieri comunisti Pathet Lao (clicca qui per approfondire).
Martiri che proprio ieri, attraverso il rito solenne presieduto dal cardinale filippino Orlando Quevedo (arcivescovo di Cotabato) nella città laotiana di Vientiane, sono stati proclamati beati. Per l’occasione, all’interno della chiesa di Sant’Andrea è stata allestita anche una mostra fotografica per far conoscere meglio ai fedeli i volti e le storie di questi valorosi missionari, a cui ha voluto rendere omaggio lo stesso arcivescovo Valentinetti con la sua riflessione: «Giovanni Battista – premette il presule – pensava che il regno di Dio fosse già pienamente realizzato al suo tempo e anche Gesù lo aveva indicato come un regno presente. Ma Giovanni viene arrestato, finisce in carcere e le sue certezze crollano. Del resto, la Chiesa predica la venuta del regno di Dio da oltre duemila anni, ma questo regno arriva?».
Gli stessi martiri, come quelli del Laos, hanno dato la vita per questo regno: «Hanno dato – sottolinea monsignor Valentinetti – il loro sangue fresco per l’avvento del regno di Dio. Non sono martiri dei primi secoli del cristianesimo, sono martiri di 50 anni fa, persone che hanno dato la vita per il regno e per il Signore. Giustamente, forse, i loro compagni laotiani e fratelli di congregazione potrebbero chiedersi “Ma questo regno arriva o non arriva?” E la risposta di Gesù è significativa “Andate a riferire a Giovanni ciò che udite e vedete”. E cosa vedono? Che i ciechi riacquistano la vista, che gli zoppi camminano, che i lebbrosi sono purificati, che i sordi odono, che i morti risuscitano e ascoltano che ai poveri è annunciato il Vangelo. “Dite a Giovanni i segni del regno che voi vedete, ma raccontategli anche la predicazione che io facevo”. Una predicazione ai poveri, ai semplici, una predicazione per coloro che hanno un cuore aperto, un cuore puro».
E ancora, come afferma la pagina delle beatitudini, “Beato chi si associa a me in questa stessa effusione di sangue”: «Perché in un mondo ingiusto – ricorda l’arcivescovo di Pescara-Penne -, il giusto non può fare che quella fine».
A tal proposito, ritorna ancora una volta l’esempio dei martiri laotiani attraverso il primo catechista locale Paolo Thoj Xyooj, ucciso nel 1960 insieme a Padre Mario Borzaga dopo aver dichiarato “Se uccidete lui, uccidete anche me”: «In questo mondo ingiusto – ribadisce l’arcivescovo Valentinetti -, il mondo di questa falsa rivoluzione, il mondo ingiusto di quella falsa ideologia si trovava di fronte a un uomo giusto, Padre Mario Borzaga che portava il Vangelo e insieme le medicine a quelle persone che avevano bisogno di tutto. Era stato chiamato dal gruppo di un villaggio, forse, perché voleva ricevere la predicazione, ma le cronache dicevano forse perché speravano che portasse anche le medicine. Un uomo giusto in un mondo ingiusto, non può che fare la stessa fine».
La stessa fine che fu anche di Giovanni Battista e dello stesso Gesù: «Lui – riflette il presule -, guardando Giovanni che era stato arrestato e che sarebbe stato fatto uccidere da Erode di lì a poco, che anch’egli avrebbe fatto la stessa fine».
Poi Gesù aggiunge una frase particolare “Fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui”: «Potremmo pensare – denota Valentinetti – che questo più piccolo del regno dei cieli, potrebbe essere uno di questi missionari, perché no, uno dei tanti missionari morti nel tempo. Ma potrebbe essere anche un bambino morto nella sua innocenza. No, il più piccolo del regno dei cieli è Gesù perché si è fatto piccolissimo per entrare dentro la storia di questa umanità e della sua piccolezza. Si è abbassato sempre di più, fino a spogliarsi non solo della sua divinità ma anche della sua umanità. In questa sua totale spogliazione, c’è la grandezza dell’essere il più grande del regno dei cieli».
Ma dopo tutto questo, infine, a noi cosa resta di fare?: «Siate costanti – ricorda monsignor Tommaso Valentinetti, citando la lettera di San Giacomo apostolo -, siate pazienti, abbiate la calma e la costanza di vivere la vostra vita giorno per giorno. Guardate l’agricoltore, è paziente, aspetta che il frutto arrivi. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina, è più vicina di duemila anni fa, è più vicina di ieri, ogni giorno che passa è sempre più vicina, ma dobbiamo avere il coraggio della perseveranza in questa vita con la fede, non lamentandoci gli uni degli altri, ma prendendo come modello di sopportazione e costanza i profeti».
L’attesa, nel frattempo, continua ad essere scandita dalle tante donne e dai tanti uomini morti da martiri nei tempi della Chiesa: «Forse – conclude l’arcivescovo Valentinetti – mai come nel secolo scorso e all’inizio di questo secolo c’è stata una rifioritura di martiri e la terra, che sarà il Regno, è stata di nuovo bagnata da questo sangue che farà fruttificare quei frutti di amore, di bene, di pace, di giustizia e di verità che solo il Signore saprà far spuntare a tempo opportuno. Che questi martiri siano veramente la primavera della Chiesa laotiana, la primavera di una realtà nuova. E così come in tante parti del mondo i martiri hanno fatto rinascere al vita della Chiesa, anche in questa nazione i martiri facciano risplendere al vita della Chiesa e l’annuncio del Vangelo».