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Le abitudini della speranza

In tanti piccoli semplici gesti quotidiani, proprio in quelli più ripetitivi e consuetudinarî, ogni uomo mostra di essere intriso di speranza. Nel nostro presente c’è già l’attesa del futuro, e quest’attesa costituisce la prova della nostra costitutiva capacità di sperare.

«Melanconia. Come sempre mi accade in questi momenti, metto ordine nei mie cassetti. È un modo come un altro di avere fiducia nell’avvenire» [La sua signora. Taccuino di Leo Longanesi, Longanesi 2017, p. 49].

È il 29 dicembre del 1951 quando Leo Longanesi annota sul suo «taccuino» questo frammento. E lo fa nel suo stile: un’immagine, un’intuizione, punto e basta. E il lettore rumina per ore.

La melanconia del 29 dicembre. Probabilmente il tipo di umore che tutti hanno provato, almeno una volta, nei giorni a cavallo di Capodanno. Melanconia non è tristezza. È più una vertigine davanti al futuro; un buco allo stomaco tra il già e non ancora. Un misto di sentimenti contrastanti.

Quando il presente è messo a cospetto del futuro, avere fiducia nell’avvenire è la via di scampo. Ha ragione, Longanesi. La fiducia nell’avvenire è un amico che ti sveglia la mattina presto, magari di domenica, per andare in un posto sconosciuto; e tu vai, contento, senza fare domande. Hai fiducia.

Fiducia nell’avvenire è avere speranza.

Secondo alcuni l’uomo contemporaneo non avrebbe più ragioni di speranza. A noi sembra che il problema sia invece la sfiducia degli uomini nella propria capacità innata di sperare. Anche molti dei volenterosi che provano a instillare speranza negli altri, a ben guardare, hanno poca fiducia nelle risorse degli uomini. Ricorrono ad argomenti complessi, a trattati edificanti, compresse di saggezza ed esempi eroici. Volendo dare speranza, sembrano dire: “che fatica farti sperare!”

Tra i molti volenterosi sfiduciati e “sfiduciandi” di certo non c’è questo Longanesi. Attraverso la folgorazione propria dei frammenti di pensiero, egli ci mostra come la vita sia invece piena di speranze intense e impalpabili. Come altro chiamare certi gesti semplici – come mettere ordine nei cassetti – che scandiscono le nostre giornate, accendendole di fiducia nel futuro?

Pensiamo alla programmazione di un film al cinema. Quando leggiamo che il film uscirà nelle sale “da mercoledì”, iniziamo subito a studiare il cinema più comodo e gli orari migliori, pensando in quale sala andare e con chi. Vorremmo andare subito, alla fine ci riduciamo all’ultimo giorno, probabilmente non ci andremo. Eppure nel momento in cui leggiamo “da mercoledì” comincia per noi un tempo di attesa dentro cui un giorno, nel futuro, andremo a vedere il film. È un modo come un altro di avere fiducia nell’avvenire.

Oppure le provviste, quando andiamo al supermercato per fare la “spesa grande”. E allora il carrello si riempie di scorte di cibo, detersivo e scatolame, bevande, pasta e prodotti a lunga conservazione. Ogni volta che catapultiamo un prodotto nel carrello, non ci facciamo più caso ma comincia per noi un tempo di attesa dentro cui un giorno, nel futuro, useremo quel terzo flacone di detersivo liquido da cinque kg senza additivi. È un modo come un altro di avere fiducia nell’avvenire.

Il messaggio lasciato nella segreteria di una persona assente. Prima o poi lo ascolterà, siamo certi.

Lo sfinimento del “cambio di stagione”: tutta quella fatica per scambiare gli abiti estivi con gli invernali, o viceversa, in attesa dell’avvicendarsi delle stagioni che siamo certi avverrà nel futuro.

E la sveglia? L’odiosa sveglia. Nel momento in cui la programmiamo, seppure sbuffando, stiamo facendo un atto di fiducia verso il giorno futuro che ci aspetta con le relative incombenze. Così è quando programmiamo l’albergo per le vacanze estive anche con tre mesi di anticipo: comincia per noi un tempo di attesa dentro cui un giorno, nel futuro, godremo del nostro tempo di riposo. È un modo come un altro di avere fiducia nell’avvenire.

L’iscrizione in palestra all’inizio di ogni anno nuovo. Insieme alla dieta.

Programmare di partecipare a tutti gli eventi che organizzano altre persone.

Il pieno di benzina così non ci penso per un po’.

L’offerta vantaggiosa del tuo gestore telefonico – “chiamate verso tutti” – per tutto l’anno e pure più. Il cellulare acquistato a rate estinguibili in tre anni.

Il nostro elenco può terminare qui. Ognuno può completare la propria lista delle speranze quotidiane. È un modo come un altro di aver fiducia nell’avvenire.

Ciascuno di noi, pensando al proprio futuro, avrà sicuramente incertezze e fragilità. Non può essere altrimenti. Ma non giova a nessuno continuare a ripeterlo, a ripetercelo. Sfiducia genera sfiducia.

In tanti piccoli semplici gesti quotidiani, proprio in quelli più ripetitivi e consuetudinarî, ogni uomo mostra di essere intriso di speranza. Nel nostro presente c’è già l’attesa del futuro, e quest’attesa costituisce la prova della nostra costitutiva capacità di sperare.

Non dobbiamo imparare a sperare. «Non lasciatevi rubare la Speranza»: questo dobbiamo imparare, partendo da quei gesti abitudinarî che evocano ostinate attese di futuro. È il modo per aver fiducia nell’avvenire.