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Curiosità, sorprese e “stranezze” dal mondo dei pellegrinaggi antichi

Il pellegrinaggio è un fenomeno estremamente interessante. Il percorso che stiamo seguendo ci ha condotti, nell’ultima puntata (link), ad osservare alcuni «effetti collaterali» legati ai movimenti di pellegrini, come lo sviluppo di attività prima assistenziali poi economiche in prossimità dei centri di richiamo, fino alla nascita di veri e propri centri abitati. Oggi qualcosa del genere si osserva per esempio a Lourdes: attorno al santuario gravitano strutture finalizzate a rendere più confortevole la permanenza dei pellegrini (alberghi, ristoranti, negozi …) e nelle vicinanze si è sviluppata una sorta di borgo, formato dalle abitazioni di quanti lavorano sul sito.

Allo stesso modo, come oggi esistono guide e itinerari che indicano ai pellegrini i luoghi da visitare e dispensano consigli su come muoversi, così nel passato la propensione al viaggio con fini religiosi alimentò un’ampia produzione di testi tra loro molto vari. Da una parte vi erano quei testi che raccontavano viaggi già conclusi (diari e relazioni); dall’altra quelli che potevano agevolare i viaggi ancora da compiere (guide e itinerari): ne è un esempio il famoso Itinerarium Aegeriae (link), e che è primariamente un resoconto dettagliato del viaggio compiuto da questa pellegrina in Terra Santa nel IV secolo; secondariamente, proprio per la ricchezza delle descrizioni di luoghi e pratiche (per es. la liturgia della settimana santa, di cui il testo offre un documento unico), funse anche da guida per quanti desiderassero compiere un percorso simile. Esistevano nel Medioevo due tipi di itinerari: gli itineraria adnotata, nei quali il viaggiatore trovava annotazioni scritte sui luoghi da visitare, e gli itineraria picta, nei quali i pellegrini trovavano indicati sulla mappa i percorsi e le tappe da seguire, con la possibilità di fare piccole copie delle zone di loro interesse. Un caso eccezionale è costituito dalla mappa di Madaba (vd. immagine in evidenza): si tratta di un mosaico realizzato nel VI-VII secolo sul pavimento di una chiesa nella città di Madaba, presso il Giordano, che rappresenta i luoghi della geografia biblica ad uso dei pellegrini (link). Ancora più vasta e sorprendente è la tabula Peutingeriana risalente alla metà del III secolo, che offre un prospetto geografico quasi globale, comprendendo le terre che vanno dalla Spagna alla Scizia (link).

Il pellegrinaggio fu un fenomeno talmente importante nel Medioevo da acquisire caratteri assolutamente originali. Finora abbiamo accennato solo al pellegrinaggio di tipo devozionale, intrapreso dal fedele per cercare un rapporto più diretto, «fisico», con la propria religione (link). Ma esistevano fin dai tempi antichi anche altre tipologie di viaggio religioso: quello votivo, finalizzato allo scioglimento di un voto; quello terapeutico, volto alla ricerca di una guarigione più o meno miracolosa; quello penitenziale, imposto come forma di espiazione per i peccati di una certa gravità. Quest’ultimo ha origini anglosassoni e soprattutto irlandesi, e fu introdotto nell’Europa continentale tra VI e VII secolo. Esso serviva originariamente a scontare una colpa molto grave (come l’omicidio o l’incesto) commessa per lo più da ecclesiastici (nell’ambito laico si sviluppò a partire dal XIV secolo il pellegrinaggio giudiziario, simile a questo). Il colpevole era condannato a vagabondare per terre sconosciute, vivendo nella povertà, con il divieto di trovare una dimora fissa o un lavoro e di iniziare una nuova vita: il modello biblico era Caino, allontanato e condannato a trascorrere una vita da vagabondo dopo l’omicidio del fratello. Come Caino era stato segnato, così questo tipo di pellegrini doveva rendersi riconoscibile tramite segni esteriori: giravano nudi e scalzi, stretti ai polsi e alle caviglie con ferri. Non a caso in alcuni testi agiografici altomedievali accade che le catene del pellegrino si spezzino improvvisamente e miracolosamente, a indicare la fine della pena decisa da Dio.

La forma di pellegrinaggio più curiosa però è forse quella «sostitutiva» o «vicaria». Nata intorno al XII-XIII sec., essa consisteva nell’incaricare qualcuno a svolgere dietro compenso un viaggio religioso assegnato in seguito ad una condanna, in sostituzione di altri tipi di pene. A seguito di questa pratica, nacque un vero e proprio mestiere, quello del romita di professione, che svolgeva il pellegrinaggio a pagamento e, per attestarne l’effettivo svolgimento, si faceva rilasciare appositi certificati dai santuari visitati. Se vi sembra una pratica assurda e impraticabile ai nostri tempi, sappiate che qualcosa di simile accade tuttora nei paesi musulmani. La giurisprudenza islamica, infatti, permette a chi ne sia impedito fisicamente, ma ne abbia la possibilità economica, di delegare qualcun altro all’assolvimento del viaggio alla Mecca (uno dei pilastri dell’Islam). Ovviamente i vantaggi spirituali derivanti da tale viaggio saranno lucrati da chi abbia provveduto al pagamento e al mantenimento sul posto della persona incaricata. È anche possibile lasciare appositi fondi in eredità perché il rito sia compiuto in nome e a vantaggio di un defunto.

Gli esempi che abbiamo selezionato per voi dimostrano che il pellegrinaggio rappresenta una sorta di ponte che unisce il presente con il passato e culture diverse tra loro. E le sorprese non sono ancora finite: se avrete un po’ di pazienza, tra qualche giorno scoprirete ancora altre curiose realtà su questa pratica estremamente affascinante e sempre attuale.

 

About Sabrina Antonella Robbe (68 Articles)
Laureata in Filologia e Letterature del Mondo Antico, è Dottore di Ricerca in Studi Filologico-Letterari Classici (Università di Chieti). I suoi interessi spaziano dal mondo classico a quello cristiano medievale, con particolare attenzione alla storia e letteratura del cristianesimo tardo-antico e all’agiografia.
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