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“Il dubbio porta a Dio. Mai sentirsi arrivati: serve una coscienza inquieta”

"Grazie di cuore don Luigi per due motivi – sottolinea l'arcivescovo Valentinetti -. Il primo è perché il suo gesto di questa mattina ricade all’interno di questo grande percorso sinodale che la nostra diocesi sta compiendo, in particolare ascolto agli studenti. Come sapete, io sto andando anche per delle classi di alcuni istituti superiori e sono disponibile a visitarvi se volete. Ma anche grazie, perché il Papa ci ha detto di ascoltare e di ascoltare soprattutto i giovani e le domande che ci avete posto, che avete posto a don Luigi, per noi costituiscono un grande momento di ascolto"

Questo il monito rivolto ieri da don Luigi Ciotti agli studenti pescaresi incontrati nella Cattedrale di San Cetteo

Don Luigi Ciotti dialoga con gli studenti pescaresi

Ieri è stato don Luigi Ciotti, fondatore di Libera contro le mafie, il protagonista di una mattinata di riflessione organizzata dalla Pastorale scolastica dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne con gli insegnanti del territorio, sul tema “Giovani verso una pienezza di vita: dall’indifferenza alla conoscenza e all’impegno per la legalità”, che ha visto gli studenti delle scuole superiori della provincia di Pescara – accompagnati dai propri docenti – gremire la Cattedrale di San Cetteo sede dell’incontro. Studenti che hanno rivolto al sacerdote antimafia tante domande, parlando di lotta alla criminalità organizzata, di legalità, di guerra, di annuncio evangelico, ma anche di fragilità, dando vita ad un dialogo serrato e coinvolgente alla presenza dell’arcivescovo di Pescara-Penne monsignor Tommaso Valentinetti.

Gli studenti pescaresi nella Cattedrale di San Cetteo

E a proposito di fragilità, don Ciotti ha rassicurato i ragazzi: «Non abbiate timore di sentirvi delle persone fragili – afferma -, io vi consegno anche la mia fragilità, il vescovo vi consegna anche la sua fragilità, perché fragile è la condizione umana. Saperlo è ciò che ci rende forti. Non dovete temere di considerarvi fragili, fa parte del percorso della vita. Una società forte accoglie e riconosce la fragilità degli altri. Una società che si chiude, che alza i muri, che respinge i migranti, i poveri, i diversi allontana la fragilità degli altri per non riconoscere la propria. La nostra è una società debole che si crede forte. Ma siamo deboli e respingere lo jus soli per i bambini… Ma cosa ci costa riconoscere questo diritto a chi qui è cresciuto e viene a scuola. Condividiamo, condividete dei percorsi insieme. Che cosa ci costa? Chi non riconosce la propria fragilità difficilmente riconosce quella degli altri. Io so di essere una persona fragile, capace a far delle cose, ma i dubbi, gli interrogativi me li pongo, lo stupore mi raggiunge sempre. Solo una società cosciente delle proprie fragilità e delle proprie contraddizioni è una società unita, aperta, ricettiva e solidale. Allora dobbiamo unire le nostre fragilità per creare una forza insieme, perché insieme ci si aiuta, ci si corregge, insieme si collabora, si coopera, si diventa noi. E qui nasce Libera, metterci insieme. In Libera voi trovate dall’Azione cattolica italiana all’Agesci, dagli Scout europei a quelli laici, trovate da Legambiente all’Arci, movimenti laici. Trovate la Conferenza episcopale italiana che sostiene tanti progetti. Trovate la Chiesa valdese, la Chiesa ortodossa. Trovate un mondo di associazioni anche del mondo sportivo, dalla Uisp al Centro sportivo italiano. Trovate una trasversalità di movimenti, di associazioni che dicono “Noi abbiamo il nostro specifico, però ci sono delle cose che possiamo fare insieme nei nostri territori. Unire le nostre forze per la per liberare il nostro Paese da una presenza criminale, mafiosa, corrotta, per far emergere le cose belle e positive”. Ecco, quindi Libera è aperta a chiunque vuole mettersi in gioco. Non è semplice, non è facile, però dobbiamo metterci in gioco, poi ci sono anche altre realtà, per carità. Vi prego, impegnate un po’ della vostra vita per dare vita ad altri».

In seguito, il noto sacerdote – rispondendo ad un quesito della studentessa Giulia – ha parlato dell’approccio alla fede e del dubbio, che fa parte della nostra vita di cittadini e di credenti, anche in riferimento alla guerra in Ucraina che stiamo vivendo: «Abbiamo visto l’aumento di armi, armamenti – osserva don Luigi Ciotti -, notizie sui giornali ci fanno vedere anche i nuovi carri armati. E si arricchiscono questi poteri forti. Sono cose che fanno male anche solo a dirle. Allora, in questo senso, vi prego, per me la fede non esclude il lamento, la contestazione di fronte a Dio consente di non avere capito delle cose. Penso che capiti anche a voi, a volte, di chiedervi il non senso di certe cose, non riusciamo a capirle. La fede, Giulia, può essere anche tormento, dubbio, ma anche il dubbio conduce a Dio. Se trovi qualcuno che ha capito tutto, che sa tutto, ti prego salutamelo personalmente e cambia strada, cambia strada! Siamo attraversati dai dubbi, io mi pongo dubbi tutti i giorni. È giusto, è sbagliato, si deve far questo? Possiamo fare di più? Dal dubbio nasce qualcosa di nuovo, di più profondo. Io cerco di vivere questa dimensione e non sempre ci riesco. Io voglio un sacco di bene al Padre eterno e chiedo a Dio che vi dia, e questa sera lo farò tornando a Torino nella riflessione e nella preghiera, lo chiederò ancora una volta a Dio come lo chiedo per me, lo chiederò anche per voi, qualunque sia il vostro riferimento, una bella pedata ad andare avanti. La “dolce pedata di Dio”, perché nessuno si senta apposto, arrivato, ma che ci sia sempre una coscienza inquieta qui dentro. Che troviamo degli spazi di solitudine per non essere travolti da quelle forme che ci sono, perché anche con quel telefonino noi siamo isolati, se non lo usiamo in modo equilibrato per il contributo positivo che ci può dare. Dobbiamo recuperare le relazioni, l’empatia, i rapporti. E per me è importante, l’ho già detto. Un Dio non solo da cercare, ma da accogliere per me, nella vita, nella storia delle persone che fanno più fatica. Questa mattina per me è accogliere Dio delle vostre persone, nei vostri gruppi, nei vostri interrogativi, nelle vostre domande, nelle vostre fragilità».

L’arcivescovo Valentinetti saluta don Luigi Ciotti

Al termine dell’incontro don Giorgio Moriconi, sacerdote impegnato in Libera e parroco di San Nunzio Sulprizio e San Marco Evangelista a Pescara, ha dapprima ricordato la presenza da due anni di un presidio di Libera contro le mafie in via Alessandro Volta 22 a Pescara, mentre l’arcivescovo Valentinetti ha riconosciuto l’importanza e il grande significato della presenza di don Ciotti tra gli studenti pescaresi: «Devo ringraziare di cuore don Luigi per due motivi – sottolinea il presule -. Il primo è perché il suo gesto di questa mattina ricade all’interno di questo grande percorso sinodale che la nostra diocesi sta compiendo, in particolare ascolto agli studenti. Come sapete, io sto andando anche per delle classi di alcuni istituti superiori e sono disponibile a visitarvi se volete. Ma anche grazie, perché il Papa ci ha detto di ascoltare e di ascoltare soprattutto i giovani e le domande che ci avete posto, che avete posto a don Luigi, per noi costituiscono un grande momento di ascolto. Ma grazie anche a Don Luigi per aver rinverdito la nostra amicizia, perché ci conosciamo da ormai più di vent’anni, quando io ero presidente di Pax Christi, e sono stato molto contento che alla fine abbia fatto un accenno a questa drammatica guerra, questo drammatico conflitto che stiamo purtroppo guardando. Aggiungo a quello che ha detto lui una parola. Non pensate mai che la guerra sia necessaria, la guerra non è mai necessaria e purtroppo i mezzi di comunicazione ci stanno facendo sembrare questo, che la guerra sia necessaria. La guerra non è necessaria, si possono trovare altre strade, si possono trovare altri percorsi per la pace».

A margine dell’incontro, don Ciotti si è anche soffermato per condurre un’analisi con i giornalisti: «I ragazzi si infiammano – constata il noto sacerdote -, hanno bisogno di trovare dei punti di riferimento veri. È una società di adulti che deve interrogarsi. Una società che parla di giovani, ma non parla con loro, non ascolta, non li ascolta. Chi ha dei ruoli, delle responsabilità, deve ascoltarli. Questi ragazzi, il loro grido, i cartelli che abbiamo visto negli ultimi tempi che denunciano il loro malessere, la loro sofferenza, la loro ansia, chiedono il diritto che venga riconosciuto il loro malessere in una società complessa, frantumata e un mondo adulto che deve interrogarsi. Questo non vuol dire generalizzare, perché ci sono delle belle esperienze, delle belle persone, ma dobbiamo leggere questo nel contesto della realtà. Questa è una società che parla dei giovani, ma non parla con i giovani come dovrebbe. Non ascolta i giovani, non li rende protagonisti di questo percorso. Non basta dare loro un posto, bisogna fare loro posto, è tutta un’altra cosa, cominciando con la cultura, con la risposta “meticcia”, con tutto quello che può portare il cambiamento. Ecco il cambiamento, cominciando col lavoro che vede i giovani penalizzati. Vanno all’estero, sono costretti ad andare in giro per il mondo, lasciano le loro terre per poter andare a studiare e allora bisogna assumersi questa responsabilità. Anche noi come cittadini non possiamo solo scaricare sempre in una direzione, questa responsabilità. Diamoci una mossa, facciamo delle scelte più forti, più coraggiose. Non c’è regione d’Italia che può dichiararsi esente in forme e modi diversi. Oggi la presenza mafiosa nel nostro Paese, resta radicata con le sue radici nel sud, ma le mafie sono trasversali in tutte le regioni del nostro Paese, con accenti, colori diversi. Quindi abbiamo il dovere di non sottovalutare il problema, ma di affrontarlo nel modo giusto, senza esaltarlo da una parte e senza sminuirlo dall’altra».

Il servizio di Radio Speranza a cura di Massimiliano Spiriticchio
About Davide De Amicis (4360 Articles)
Nato a Pescara il 9 novembre 1985, laureato in Scienze della Comunicazione all'Università degli Studi di Teramo, è giornalista professionista. Dal 2010 è redattore del portale La Porzione.it e dal 2020 è direttore responsabile di Radio Speranza, la radio della Chiesa di Pescara-Penne. Dal 2007 al 2020 ha collaborato con la redazione pescarese del quotidiano Il Messaggero. In passato è stato direttore responsabile della testata giornalistica online Jlive radio, ha collaborato con Radio Speranza, scritto sulla pagina pescarese del quotidiano "Avvenire" e sul quotidiano locale Abruzzo Oggi.
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